mercoledì 15 febbraio 2012

LA FAMIGLIA NATURALE E' UNA FAVOLA CONVENZIONALE

Foto: Eanger Irving Couse: "Sun worshipers", 1919

IL PRINCIPIO DI FAMIGLIA NON ESISTE IN NATURA, ESSO SAREBBE CONTRARIO AD OGNI CONDIZIONE EVOLUTIVA SOCIALE E ANTROPOLOGICA.

ETIMOLOGIA DEL TERMINE
Prima di iniziare il nostro lungo discorso sulla falsità delle convenzioni che si vorrebbero perpetuare, è giusto per prima cosa soffermarci sul significato stesso della parola "famiglia", poichè, pur essendo molto sbandierata e riverita, pochi sono coloro che se lo chiedono. "Famiglia" deriva dall'antico latino "famulus" (servo, schiavo) e designa il complesso degli schiavi (compresi moglie e figli) alle dipendenze di un capo che aveva su di loro il potere di vita e di morte. Ed in effetti è proprio questo il cardine su cui si fonda l'ideologia delle forze reazionarie e religiose, soprattutto nel nostro Paese, ed è questo il principio velato dietro la continua, ridondante equiparazione "famiglia tradizionale=amore". Attorno all'istituzione familiare ruotano dogmi, sistemi, menzogne e dispotismi secolari che la sua soppressione farebbe cadere come castelli di carta; da qui l'autentico terrore generato in certi ambienti all'idea del tramonto della famiglia.

Le sovrastrutture mentali e le false convinzioni sedimentate durante i secoli hanno creato dei muri e delle barriere apparentemente insormontabili fra noi e la nostra essenza, la nostra natura e le autentiche necessità ad essa legate. Tutto è capovolto. Riteniamo "scontate" e peggio ancora "naturali" istituzioni e abitudini che implicano un quantomeno spesso e impenetrabile sedimento d'incoscienza, una deviazione dal percorso evolutivo e dalle prerogative che ne hanno permesso gli albori. Questa sudditanza psicologica fa sì che anche i più laici, anticlericali o progressisti quando si affrontano i mostri sacri dell'oppressione secolare (in special modo la questione della famiglia tradizionale) si mostrino riverenti e si lascino guidare dalla mediocrità, piuttosto che perdere il favore del branco, della massa e dell'ideologia dominante dai quali si sentono intimiditi.

LA FAMIGLIA NON HA NOBILI SCOPI, MA VEDE I SUOI ALBORI CON LA NASCITA DELLA PROPRIETA' PRIVATA E DEGLI INTERESSI EREDITARI. I SUOI FINI SONO ESCLUSIVAMENTE EGOISTICI E PREVARICATORI.

Con l'avvento della proprietà privata nasce la prima forma di organizzazione familiare, dettata dalla necessità di assicurare la propria discendenza ai fini del lascito ereditario; essa tuttavia non ebbe configurazioni universali, ma era concepita in modo diverso da popolo a popolo. Attraverso i secoli e i millenni, dagli albori della civiltà, l'istituzione familiare ha subito innumerevoli mutamenti e si è evoluta seguendo le necessità dei vari sistemi economici e sociali che si sono succeduti, essendone essa stessa il riflesso. La famiglia, come da secoli siamo abituati a concepirla (padre, madre e figli) e come vorrebbero perpetuarla le attuali religioni monoteistiche e i regimi di destra in ogni parte del mondo, non esiste in natura; in natura non esiste alcun concetto di "famiglia", sia esso matriarcale o patriarcale, bensì esiste il principio di "comunità", di bene collettivo, di condivisione allargata delle conquiste, dei doveri individuali, delle esperienze affettive. Oggi più che mai dobbiamo indirizzare le nostre energie e le nostre lotte contro l'ostacolo più grande e più accudito dai mostri sacri del capitalismo e del clero cattolico, qual'è la famiglia intesa come nucleo separato, basato sui legami di sangue, sugli interessi economici particolari e sulla sopraffazione fra i sessi e fra genitori e figli. Il capitalismo, dopo la Rivoluzione Francese, ha contribuito all'emancipazione dell'individuo nei confronti della famiglia, mediante la laicizzazione del matrimonio e l'introduzione del divorzio. Tutto questo progresso era ovviamente privilegio delle classi borghesi, non certo del proletariato o del "terzo stato" che servirono solo da carne da cannone per gli scontri della rivolta. L'istituzione familiare in ambito capitalistico assunse le caratteristiche di "alienante macchina da riproduzione" per il proletariato (come indica la definizione stessa) e caposaldo di interessi economici ed ereditari per la borghesia, il tutto pervaso dall'alone della suggestione religiosa che qualifica come "sacro" e "misterioso" tutto ciò che sarebbe naturalmente rigettato dall'essere cosciente, qualora se ne venisse a comprendere il vero significato. I fossili sociali del clero (residuati dell'oscura epoca medievale) non saranno mai avversati dal sistema capitalistico e dai suoi sostenitori, nonostante l'innovazione laica della Rivoluzione Francese, poichè la divisione in classi della società, implica che vi sia anche un livello culturale differente fra le stesse: la superstizione per le classi svantaggiate (poichè l'oppio religioso non permette loro di comprendere l'ingiustizia della propria condizione) e l'accesso alla cultura per la borghesia. Inutile ribadire quanto preziosa sia l'istituzione familiare tradizionale e patriarcale per le gerarchie cattoliche (questo vale per tutte le tre religioni monoteistiche odierne), poichè essa è il perno irrinunciabile attorno al quale ruota l'oppressione dell'uomo sulla donna e dei genitori sui figli, condizioni queste inscindibili dal regime di asservimento sociale degli individui.

LA NASCITA DELLA "COMUNITA'" IMPLICA UN ALLENTAMENTO DEI LEGAMI DI COPPIA NELLA PIU' INCONDIZIONATA LIBERTA' INDIVIDUALE. GLI STUDI DI LEWIS H. MORGAN.

Più gli individui sono "legati" da condizionamenti particolari (come può essere il contesto familiare) meno hanno interesse a condividere il proprio benessere con la comunità della propria specie e meno sono portati ad esprimere al massimo le proprie capacità, in assenza di un ampia condivisione. Il legame familiare, dunque, se fosse "connaturato" all'umanità, avrebbe portato ad una fissità conservatrice l'intera razza umana, impedendone il rapido ed unico percorso evolutivo rispetto alle altre specie animali. Dobbiamo considerare le società primitive e incontaminate se vogliamo identificare la vera natura dell'uomo e, soprattutto, se vogliamo liberare la mente dalle false convinzioni che ci paiono insormontabili. Possiamo così dedurre quanto le abitudini di convivenza siano variegate da popolo a popolo e come, nel corso della storia, non conoscano alcuno schema fisso e prestabilito. Prendiamo ad esempio i popoli indigeni del Nord America.

Gli Irochesi dello stato di New York sono stati conosciuti e documentati personalmente dall'antropologo Lewis H. Morgan, collaboratore negli studi di Friedrich Engels, nel XIX secolo, il quale visse a lungo insieme a loro. Presso questo popolo il "legame di coppia" era riconosciuto, come era riconosciuta la rispettiva discendenza; ma ogni bambino all'interno della comunità era ugualmente considerato "figlio" da tutti gli altri membri adulti, senza privilegiare in alcun modo i legami di sangue; l'appellativo di "figlio" non era un semplice vezzeggiativo, ma corrispondeva ad una precisa assunzione di responsabilità nei confronti dei soggetti accuditi. Questo tipo di relazioni parentali ed affettive estese a tutta la comunità, che non privilegiavano in alcun modo i legami biologici, era diffuso presso tutti i popoli nativi del Nord America, senza eccezione alcuna. L'estesa condivisione relazionale fra gli individui permetteva un'estensione dell'esperienza affettiva ed esistenziale senza alcun limite, annullando ogni ottusità e perciò, naturalmente, ogni causa di sopraffazione fra individui, la quale si può verificare solo in ambiti chiusi e controllati da legami stretti e interessi particolari.

LA SOCIALIZZAZIONE (PRINCIPIO OPPOSTO AL CONCETTO DI FAMIGLIA) E IL SUPERAMENTO COSTANTE DI OGNI SCHEMA E' UNO DEI FATTORI DETERMINANTI PER L'EVOLUZIONE PSICHICA E FISICA DELLA SPECIE UMANA

Lo studio dei popoli primitivi, o ancora armonizzati con l'ambiente naturale, mette in luce inequivocabilmente come la natura stessa dell'essere umano non conosca degli schemi prestabiliti di convivenza. Prendiamo ad esempio le consuetudini sessuali delle tribù della Nuova Guinea, che sono quelle scoperte più recentemente e meno contaminate: le pratiche sessuali collettive sono regola abituale, così come le iniziazioni degli adolescenti da parte dei guerrieri adulti mediante riti orgiastici a carattere omosessuale, i quali hanno il valore di iniziazione e di passaggio all'età adulta. Le relazioni sessuali con le donne sono ridotte al minimo poichè sono considerate dispersive di energia per i maschi. Le relazioni e, in questo caso, il sesso dunque sono concepiti, in questo come in tutti i gruppi etnici relativamente primitivi, come "estensioni" delle esperienze, del benessere e dello sviluppo della comunità.

Dagli approfonditi studi antropologici sulle comunità primitive seguite da Morgan durante i suoi numerosi viaggi, emerge come esse fossero frequentemente propense alle relazioni multiple, estendendo ogni possibilità di scelta a entrambi i sessi. Così assistiamo al fenomeno naturale di "poliandria" per le donne e "poligamia" per gli uomini. Ciò fece in modo che, nel caso della poliandria, la discendenza della prole fosse sicura solo per parte di madre; per quel che riguarda gli albori della civiltà, dunque, questa fu la ragione principale per cui la prima istituzione familiare, contemporanea all'introduzione dell'agricoltura, dell'allevamento di bestiame e delle prime necessità ereditarie rispettive alla proprietà privata, ebbe carattere "matriarcale".

Presso gli aborigeni australiani il primo "patto" fra coppie somigliante ad un matrimonio avveniva all'età di trent'anni (età considerevole per quel gruppo etnico) ed era preceduto da innumerevoli rapporti promiscui ed esperenziali di ogni tipo. In pratica, questo patto avveniva al culmine del percorso evolutivo individuale e ne suggellava la maturazione.

L'unico filo conduttore che può essere accomunato a tutti i popoli nativi e non civilizzati è l'assoluta varietà, fluidità e impossibilità di categorizzazione secondo i canoni della nostra vecchia mentalità dominante. L'unica caratteristica che li può unire è la condivisione, la socializzazione e la conseguente estensione di ogni esperienza, soprattutto sessuale, quindi la mancanza di un concetto di "gruppo separato" (quale può essere solo la famiglia come la intendiamo noi) dalla comunità stessa.

L'ISTINTO A FORMARE GRUPPI "FAMILIARI" E' CONNATURATO ALLA MAGGIOR PARTE DELLE SPECIE ANIMALI, MA E' ANOMALO PER QUEL CHE RIGUARDA LA SPECIE UMANA

In moltissime razze animali invece, soprattutto fra i primati, vige la "coppia fissa", per cui in molte razze di uccelli e, specialmente, fra i grandi felini, la coppia si isola e rimane legata per tutta la vita. Presso i primati (le grandi scimmie) il maschio può avere molte femmine, ma la femmina può avere un solo maschio che perciò domina l'interno gruppo a lui corrispondente (la poliandria, al contrario, è pratica esclusivamente umana); la gelosia del maschio derivante dal possesso del proprio gruppo di femmine e cuccioli e il conseguente isolamento rispetto agli altri gruppi, determina una divisione costante della specie in piccoli branchi legati dal possesso egoistico e dal desiderio di dominio di un capo e non permette, dunque, alla suddetta specie di evolversi, confinando in questo modo i primati, a differenza dell'uomo, all'interno della propria nicchia immutabile e sempre uguale a sè stessa. Infatti, la naturale predisposizione dell'uomo alla condivisione collettiva, ad allargare la propria sfera conoscitiva ed esistenziale, è stata uno dei fattori determinanti affinchè non subentrasse alcun tipo d'isolamento in piccoli nuclei, che avrebbe congelato lo sviluppo evolutivo della nostra specie, alla stregua dei primati che oggi conosciamo.

Possiamo trarre la conclusione da questi dati che solo un'ampia condivisione a livello comunitario e il fattore della "socializzazione" delle relazioni possono creare le condizioni per la valorizzazione delle facoltà individuali e foggiare le risorse affinchè queste possano emergere; ciò infatti ha permesso l'evoluzione della nostra specie mediante elementi determinanti che in ambito strettamente familiare non possono sussistere. Perciò l'organizzazione familiare non costituisce un fattore regressivo nella specie umana (non essendo esistito un fenomeno simile antecedente alla civiltà), ma avrebbe costituito un vero e proprio ostacolo all'evoluzione e alla sopravvivenza stessa, riducendo l'uomo allo stile di vita e alle abitudini connaturate alle specie per le quali non c'è alcuna possibilità di evoluzione psichica e sociale. La fluidità, la libertà e la dinamicità sono le caratteristiche che hanno contraddistinto la specie umana per la maggior parte della sua esistenza e che ne hanno determinato lo sviluppo intellettivo nel tempo, mediante lo scambio reciproco su larga scala delle conoscenze e del linguaggio. La libertà, conseguente alla coscienza di sè, è ciò che distingue l'esistenza umana da tutte le altre specie presenti, mentre la fissità, la chiusura, l'isolamento, caratteristico di altre specie (determinato dalla nicchia del piccolo gruppo familiare), sono un fattore paralizzante e assolutamente contrario alla natura umana. Per questo non si può operare un confronto con le abitudini degli animali per capire le inclinazioni primarie dell'uomo (come molti hanno sempre tentato di fare), sarebbe ingiustificato e assurdo.

IL SUPERAMENTO DEL CAPITALISMO E LA NASCITA DI UNA NUOVA ERA SOCIALISTA SONO LE CONDIZIONI FONDAMENTALI PER IL SUPERAMENTO DEL CONCETTO DI FAMIGLIA E DEI RELATIVI OSTACOLI ALL'EVOLUZIONE SOCIALE AD ESSA LEGATI.

Ci troviamo alla soglia della civilizzazione, ma non l'abbiamo ancora oltrepassata, nonostante il progresso tecnologico ce ne dia l'illusione. Più saranno stretti e rilevanti i legami familiari in una società, sia fra uomo e donna che fra genitori e figli, più questa società sarà oppressiva e soggiogata dal dispotismo di poteri religiosi e politici. La prima e più importante conquista di una società realmente laica e dunque civile è la responsabilizzazione dell'intera organizzazione sociale nei confronti dei minori soprattutto, senza alcuna delega a singoli individui (genitori biologici) rispetto alla cura fisica e psicologica della prole; più potere sarà affidato ai genitori, più il regime sociale sarà oppressivo nel suo insieme; più la responsabilità sarà allargata all'intera sfera sociale, meno prevaricaricazione ci sarà fra gli individui, fra i sessi e, conseguentemente, in ogni contesto della vita civile. Oggi, nonostante ciò sia messo largamente in discussione, e nonostante gli enormi cambiamenti in ambito sociale, la cultura dominante diffusa dai mass media di destra nel nostro Paese e la maggior parte degli individui di vecchia generazione, considerano la famiglia tradizionale e la difesa di quest'ultima come qualcosa di inscindibile dal concetto di "società civile" o, peggio ancora, dalla natura umana; questa assurda mentalità è indotta dall'assuefazione, dall'abitudine e dalla conseguente schiavitù psicologica cagionata nei secoli dalle ideologie dominanti. In realtà la famiglia come clan separato e gerarchizzato al suo interno, compare con la nascita della proprietà privata, è esclusivamente istituita e conservata nei secoli e nei millenni da interessi economici, ereditari e null'altro che egoistici. Nessun nobile fine dunque, nessuna presunta sacralità e, tantomeno, nessuna necessità naturale stanno alla base di questa "istituzione" che, proprio in quanto tale, non ha nulla a che vedere con le inclinazioni e le esigenze del benessere della specie umana, ma ne determina la fossilizzazione e ne paralizza ogni spinta evolutiva. L'istituzione familiare implica il principio di "possesso", non solo della proprietà individuale, ma del dominio fisico e psicologico di un singolo individuo dominante su tutti gli altri membri del gruppo, esattamente come avviene presso i gruppi di primati di cui abbiamo accennato sopra. Ne deriva perciò la conseguente oppressione della donna da parte dell'uomo e dei figli da parte dei genitori.

ABOLIRE L'ARTICOLO 29 DELLA COSTITUZIONE

Il suddetto Articolo recita: "La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Il matrimonio è ordinato sull'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare."
Questo articolo della nostra Costituzione non è dettato dalla realtà, ma dalla superstizione settaria dovuta all'interevento dell'allora Democrazia Cristiana, perciò dovrebbe essere già da tempo eliminato, perchè rappresenta un paradosso nei confronti della Costituzione stessa e un'imposizione assurda che limita la libertà di scelta individuale, ed è inaccettabilmente discriminatorio nei confronti delle nuove forme di convivenza formatesi in questi ultimi decenni.

Il capitalismo non è un tabù, non è l'apice del progresso della società umana o un dogma immutabile (questo lo si credeva anche per le precedenti forme di società e addirittura per l'istituzione schiavistica), non rappresenta certo una soglia invalicabile; ove durante la Rivoluzione Francese costituì un passo avanti verso l'emancipazione individuale (ma solo per le classi abbienti) oggi al contrario rappresenta proprio il caposaldo della conservazione, perno della quale è la famiglia tradizionale (che per sua stessa definizione non può chiamarsi "naturale"), senza la quale il concetto stesso di "proprietà" e di "privilegio" non avrebbe alcun senso. Il percorso di maturazione della coscienza umana è un viaggio iniziatico, consistente nella riscoperta dell'assoluta libertà che guida l'esistenza umana al di là di ogni condizionamento successivo determinato da fattori di sottocultura, come possono essere quelli religiosi e "tradizionali". Sostanzialmente, tutto ciò che non corrisponde ad una libera scelta è malato, determina pericolose spinte regressive e imbarbarimenti le cui conseguenze sono l'abbruttimento e la riduzione dell'umanità ad un ramo morto, ripetitivo e senza futuro; in una parola: all'annichilimento.

CONCLUSIONE:

Le bugie hanno una caratteristica comune: finiscono, vengono smascherate dal corso della storia e dall'incondizionabile e libera natura dell'uomo. L'uomo è un microcosmo, il fulcro ed il riflesso di ogni energia e di ogni aspetto del mondo intorno a lui; questo implica che vi agiscano innumerevoli forze che ne rendono illimitate le scelte e le espressioni di convivenza sociale, determinandone la libertà. L'universalizzazione, ovvero la tendenza all'amalgamazione e alla condivisione sempre più ampia, è la caratteristica fondamentale che ha permesso l'inizio del percorso evolutivo. Qualsiasi forma di organizzazione immutabile, di chiusura, è immaginaria e dettata da convenzioni. Perciò l'unico filo conduttore che possiamo dedurre con le nostre speculazioni è il valore assoluto della libertà, al di là delle favole familiari e delle regole tradizionali.

Alessia Birri 15 febbraio 2012

E-mail: aleph1968@hotmail.it

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Engels: l'origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato
http://www.resistenze.org/sito/ma/di/ce/mdce5n29b.htm

Alcune nozioni sulla convivenza presso le varie culture, a cura del dott.Renzo Zambello
http://www.zambellorenzo.it/news/faq.php?answer=176&cat_name=CULTURA&category_id=8

"La concezione marxista leninista della famiglia", a cura dell'Ufficio Stampa del PMLI:
http://www.pmli.it/famiglia.html

Famiglia naturale o convenzionale?
http://www.elapsus.it/home1/index.php/component/content/75?task=view

La sessualità nella preistoria, a cura del Prof. Alessandro G. Littara
http://www.androweb.it/androweb/informazioni-generali/sessualita-preistoria.asp

"La famiglia naturale è una costruzione culturale": gruppo facebook di EMANUELE MARIAN
http://www.facebook.com/groups/354807290706/

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