mercoledì 25 giugno 2014

TROTSKY E LA LOTTA ALLO STALINISMO

L'IMMATURITA' DEI TEMPI IN CUI SONO AVVENUTE LE RIVOLUZIONI SOCIALISTE IN PAESI SOGGETTI AD UN SISTEMA ANCORA FEUDALE, NELLA TOTALE ASSENZA DI UN PERCORSO EVOLUTIVO, CON LA CONSEGUENTE DEGENERAZIONE BUROCRATICA E DITTATORIALE, OFFRE UN PRETESTO ALL'ATTUALE STIGMATIZZAZIONE DELLE IDEE MARXISTE E CEMENTIFICA IL CAPITALISMO QUASI COME UN DOGMA RELIGIOSO.

Foto: Lev Trotsky nel 1918

"A differenza del capitalismo, il socialismo non si costruisce automaticamente, ma coscientemente."
Lev Trotsky

PREFAZIONE

Sono convinta che solo la nuda e cruda necessità possa portare il cambiamento, solo dopo aver toccato il fondo il capitalismo, come ogni percorso storico, potrà essere superato, lentamente ma inesorabilmente.

Viviamo in un mondo capovolto, in cui un sistema economico basato sulla competizione anzichè sulla collaborazione e sul possesso privato dei principali mezzi di produzione gratifica ed incoraggia tendenze antisociali e psicopatologiche che si identificano in mancanza di scrupoli, assenza di empatia, di responsabilità e di sensi di colpa, cinismo: caratteristiche tipiche degli individui di successo in campo economico. In sostanza: il capitalismo, al pari delle stesse false religioni odierne, determina una vera e propria "selezione" antropologica che porterà, nel tempo, se il sistema non verrà superato, ad una vera e propria mutazione in senso negativo e distruttivo della coscienza collettiva e della stessa  specie umana, nonchè alla distruzione del pianeta. La competizione, l'interesse egoistico e la mentalità di mercato elimina socialmente le persone dotate di fedeltà, empatia, princìpi e valori tesi al bene comune, favorendo l'ascesa di cinici, opportunisti, vuoti a perdere dotati solo di volontà di prevaricazione ed arricchimento personale, o "macchine pseudoumane". Lo sfruttamento senza scrupoli dell'ambiente e dell'uomo sono il fondamento della società capitalistica, di un sistema che, sostanzialmente, divora sè stesso, implodendo periodicamente, sfociando in crisi inevitabili perchè fanno parte del suo stesso meccanismo: la crisi genera necessità ed impoverimento, quindi ricattabilità, perdita di diritti acquisiti, ansia e predisposizione alla suggestione indotta da personaggi carismatici che deviano le folle dalle ideologie di riferimento, cancellando la storia. E' illusoria anche la decantata libertà scientifica all'interno del sistema capitalistico, poichè tutto è solo apparentemente libero, bensì sottoposto al controllo ed alla censura degli interessi ideologici del regime istituito, che necessita di supporto in teorie prive di fondamento scientifico ma ampiamente promosse dal potere come la psicoanalisi freudiana, il darwinismo sociale, l'antropologia delirante di Cesare Lombroso, il positivismo ideologico ottocentesco, la censura di elementi storici riguardanti il collettivismo delle prime civiltà giudicati scomodi, l'impossibilità per gli scienziati di proporre forme di energia non inquinante e gratuita perchè non portano profitto (noi tutti sappiamo la fine che fece Nikola Tesla). E questo per fare solo alcuni esempi. In un sistema basato sulla prevaricazione sociale nulla è libero e la democrazia stessa è illusoria, perchè non saranno mai le persone oneste a decidere, ma queste verranno strumentalizzate e sottoposte a un tale lavaggio mentale da essere portate a credere che tutto questo faccia parte della normalità, dell'inevitabilità o, peggio ancora, della natura umana.

Ma, come ben espresso dall'aforisma di Trosky sopra citato, il cambiamento in senso socialista non coinvolge tanto l'oganizzazione pratica, quanto la consapevolezza collettiva e può essere raggiunto in modo sano solo attraverso di essa, con la costruzione graduale di una nuova coscienza generale che in realtà non apporterebbe  nulla di "nuovo", ma consisterebbe semplicemente nel freno alla disumanizzazione autodistruttiva in corso, in una nuova "umanizzazione", nell'edificazione dell'"Uomo Nuovo", ovvero dell'"Uomo" per eccellenza. Può accadere questo al punto in cui siamo? E' troppo tardi? Potrà essere possibile instillare un pallido lume di consapevolezza in masse intere di individui come quelli che oggi possiamo osservare, in modo che non sia necessario ch'esse siano, al solito, guidate da elite intellettuali che faticano a farsi comprendere? Uscire da un circolo vizioso generazionale, si sa, è come percorrere una spirale in discesa al contrario, ma la speranza è l'ultima a morire, anche se in questo momento sta agonizzando.

SI PUO' EDIFICARE UNA NUOVA COSCIENZA COLLETTIVA PRIMA DEL CAMBIAMENTO? SE QUESTO NON E' POSSIBILE, SU QUALI BASI QUEST'ULTIMO POGGERA'?

Da sempre mi pongo questa domanda, partendo dal presupposto che il comunismo costituisca l'inevitabile svolta (più o meno lenta) verso un futuro all'insegna del progresso sociale e dato per assodato che, come afferma Trotsky e la stessa ideologia marxista, la società comunista necessita di un radicale cambiamento nella mentalità e nella coscienza collettiva, come avrebbe potuto essere edificata da masse di cosiddetti "proletari", ovvero individui che, come dice lo stesso termine spregiativo ideato agli esordi del capitalismo, appartenevano ad un retaggio di alienazione e sfruttamento, nascendo e morendo all'unico scopo di creare nuova prole il cui destino sarebbe stato lo stesso nella catena di un'esistenza di abbrutimento e degradazione? Non è stato forse un sogno intellettuale e filosofico di poche elite la cui illuminazione non avrebbe mai potuto raggiungere, nemmeno con un pallido raggio, la grande massa ridotta da generazioni ad un livello subumano, la cui massima aspirazione era tutt'al più un miglioramento delle condizioni di vita, più che un cambiamento totale degli assetti sociali, che, ovviamente, non poteva comprendere? Queste erano le condizioni ai tempi della Rivoluzione Russa; le stesse ai tempi della Comune di Parigi; per quel che riguarda la Rivoluzione Francese la svolta del Termidoro fu inevitabile, perchè i tempi erano maturi solo per un cambiamento in senso borghese e perciò, alla fine, prevalse l'ala destra della Rivoluzione, giacchè chi allora poteva sognare una società senza classi doveva basarsi sull'appoggio di sanculotti, diseredati e vagabondi, individui non certo dotati di "coscienza". Il punto è questo: cos'ha fatto pensare che il 1917 fosse più maturo del 1789 o del 1848? Forse l'esistenza del "proletariato industriale" (orribile definizione) che prima era solo in embrione? E in cosa le masse del 2014 differiscono rispetto a quelle russe del 1917? Certamente avranno un più alto livello d'istruzione (per essere ottimisti), ma l'istruzione controllata dal sistema non  arricchisce, non affranca da una mentalità di base fondata su prevaricazione, opportunismo, concezione mercantile e avvilente della vita, individualismo meschino. Una società comunista evoluta dev'essere basata soprattutto su un alto livello culturale dell'intera popolazione, perchè proprio la cultura costituisce il perno del collettivismo, ma allora questo dovrebbe essere costruito da zero subito dopo il cambiamento rivoluzionario, e sarebbe difficile che un progetto simile, ottenibile solo da un lungo ricambio generazionale, nei decenni, potesse precedere l'incoscienza delle rozze masse che dalla rivoluzione si aspetterebbero tutto e subito senza la comprensione di ciò che è avvenuto, dei lunghi processi che sono necessari, accompagnata al guinzaglio da coloro che sanno, dalle poche elite che detengono le chiavi della conoscenza e pronta a farsi abbindolare dal prossimo che le mostrerà un osso più succulento. In effetti: deve nascere prima la rivoluzione o la coscienza collettiva? Questo è il dilemma. E sarò costretta ad affermare qualcosa di molto impopolare, ovvero che la realizzazione di una società ideale (che costituirebbe un ritorno alle naturali relazioni sociali), necessiterebbe perlomeno di un drastico ridimensionamento della popolazione mondiale, poichè il socialismo non può essere delimitato ad un paese solo (come avrebbe voluto Stalin nel suo deviante percorso) ma implica il coinvolgimento di tutte le popolazioni mondiali, in una reazione a catena di risveglio e volontà di cambiamento: come potrebbero miliardi di teste trovare il sentiero dell'illuminazione, soprattutto se pensiamo al livello di brutalità in cui vegetano la gran parte dei popoli nei paesi in via di sviluppo? Al livello di degenerazione e crescita numerica in cui siamo, sarà ancora vero che tutti sono nati per essere liberi, come nell'età dell'oro e ai tempi delle primissime civiltà, in cui il Re non aveva un potere egoistico, ma svolgeva una funzione di garante di uguaglianza e giustizia? (Ciò è evidenziato dagli studi su tutte le più antiche civiltà, compresa quella di Harappa, nelle Valle dell'Indo, o la civiltà Inca basata su un apparato statale centralizzato a economia collettivistica, che non nacquero dalla proprietà privata, come gli accademici vorrebbero far credere, ma erano vere società ugualitarie). Il collettivismo è stato il primo pilastro della civiltà, poichè nessuna grande opera avrebbe potuto nascere da un individualismo meschino che non vede nulla oltre il suo profitto, ma solo da un individualismo maturo le cui potenzialità fossero estese al bene comune. Le lunghe epoche che stiamo vivendo, lontane dalla prima organizzazione naturale, appartengono ad un'oscura era di degenerazione e, forse, hanno già messo radici creando una profonda mutazione della coscienza universale in senso negativo, al punto che è lecito chiedersi se non sia troppo tardi per la realizzazione degli ideali e se oggi rimangono in fondo pochi individui nati per essere liberi o se, invece, non pretendiamo di mutare le percore in aquile o i cani in lupi. Forse è così, ma è doveroso da parte nostra renderci utili a coloro che possono comprendere e, in questo modo, sentirsi meno meno isolati.

BREVE BIOGRAFIA DI TROTSKY

Il vero nome di Trotsky era Lev Davidovic Bronstein; il falso nome di Leon Trotsky venne da lui assunto durante il periodo di clandestinità iniziato nel 1902, quando fuggì dalla prigionia siberiana con la complicità della moglie; in verità il falso nome di Trotsky (che poi lo designerà per sempre universalmente) era il nome di un suo carceriere della prigione di Odessa. Dunque, Lev Davidovic Bronstein, alias Lev Trotsky, il 26 ottobre 1879 nacque presso il villaggio di Yanovka, in Ucraina, da una famiglia di agricoltori benestanti di origine ebraica. Nel 1896, mentre aspirava ad iscriversi all'ateneo per lo studio della matematica (cosa che in seguito fece), conobbe per la prima volta le nascenti idee rivoluzionarie socialiste alle quali fu introdotto dai suoi affittacamere che gli indicarono il luogo dove si riunivano i giovani rivoltosi della città di Nicolajev. Nel 1897 ottenne il diploma liceale che gli permise di iscriversi all'Università di Odessa a pieni voti e già nello stesso anno fondò un'organizzazione denominata "L'Unione operaia della Russia meridionale", mediante la quale veniva diffuso un giornale clandestino "La nostra causa". Lev Trotsky, di appena 19 anni, venne arrestato assieme ai suoi compagni ed in seguito trasferito in Siberia. Dopo la fuga dal confino siberiano Trotsky fuggì in Inghilterra dove incontrò per la prima volta Lenin, di cui lesse precedentemente uno scritto che ammirò molto, l'opera "Che fare?". Lenin lo apprezzò subito per il suo lavoro al giornale Iskra (fondato da Lenin) e per l'acume degli articoli da lui scritti, per cui lo nominò membro permanente dello stesso. Nel 1905 Trotsky fece ritorno in Russia e nello stesso anno, il mese di gennaio, si verificò la feroce repressione che seguì alle prime rivolte di lavoratori contro il regime zarista, chiamata proprio "la domenica di sangue" a San Pietroburgo. Nel 1905 si verificarono anche i clamorosi ammutinamenti della Corazzata Potiomkin e di altre due navi della marina russa, moti che però furono vanificati dall'opportunitica introduzione, da parte del regime zarista, di alcuni diritti atti a calmare gli animi. Nacquero nello stesso periodo, in seguito ai numerosi scioperi e sommosse, nuclei di rappresentanza dei lavoratori chiamati "Soviet", dei quali Trotsky assunse la direzione in quel di Pietroburgo. La strategia di Trotsky si basò soprattutto su un'azione di disturbo, offesa e ritirata, per indurre l'avversario all'esasperazione; i pochi nuclei della classe operaia, che si concentravano soprattutto presso le grandi metropoli, erano attivi nel movimento pre-rivoluzionario, ma, come al solito e come avvenne anche per il nostro Risorgimento, le masse contadine (ovvero la stragrande maggioranza dei russi, ancora completamente analfabeti e ridotti da secoli ad una condizione brutale) non capiva e non partecipava, ovviamente, alla volontà di cambiamento. Già questo dovrebbe far riflettere su quanto fossero prematuri i tempi per una rivoluzione di tipo socialista, senza un precedente sviluppo borghese ed industriale che ne preparasse le condizioni, partendo praticamente dal nulla, da una società prevalentemente contadina e feudale; come sappiamo, la storia non fa salti. Il 3 dicembre 1905, durante una riunione dei Soviet, la polizia irruppe arrestando tutti i membri dell'esecutivo e Trotsky venne deportato a vita in Siberia, ma intrepidamente fuggì durante il viaggio che lo avrebbe portato in una sperduta località in mezzo alla Tundra nella quale sarebbe stato difficile sopravvivere, gettandosi dal convoglio e fuggendo a piedi in mezzo alla gelida Siberia riuscendo infine a raggiungere San Pietroburgo, da dove fuggì nuovamente a Londra assieme alla moglie. Nel 1907, sempre a Londra, partecipò al Congresso del POSDR (Partito Operaio Socialdemocratico Russo) dove espose per la prima volta la sua teoria della "rivoluzione permanente", ovvero l'alleanza del proletariato russo con quello dell'Europa occidentale, che avrebbe portato ad un ampliamento delle prospettive e degli orizzonti della rivoluzione russa. In sostanza Trotsky, esponendo questa teoria, si pose in una via di mezzo tra l'ideologia bolscevica (capeggiata da Lenin) e quella menscevica (capeggiata da Julius Martov) delle quali la prima esprimeva l'esigenza di una rivoluzione dal basso e di una conseguente dittatura del proletariato che affermasse il nuovo ordine sociale; la seconda, più realista forse, comprendeva la necessità di una transizione borghese che avrebbe permesso al Paese lo sviluppo industriale ed accettava compromessi per una monarchia costituzionale ed una democrazia capitalistica. Dopo il Congresso del POSDR Trotsky si trasferì a Berlino, successivamente a Vienna, dove visse sette anni di relativa tranquillità e potè dedicarsi allo studio e alla frequentazione di caffè letterari presso i quali conobbe pensatori come August Bebel, Karl Kautsky, Alfred Adler, Karl Renner, Rudolf Hilferding.

La fondazione della Pravda. Gli anni da reporter nei Balcani. L'esilio in Francia e a New York

Nel 1908 fondò a Vienna (allo scopo di sfuggire alla censura zarista) il giornale "Pravda" (Verità), che faceva poi distribuire clandestinamente in Russia come organo ufficiale del RSDLP (Russian Social Democratic Labour Party). In seguito ci furono dissensi interni con Lev Kamenev, esponente del gruppo bolscevico, il quale fu anche invitato alla collaborazione col giornale nel tentativo di risolvere i malumori, incarico che durò un breve lasso di tempo, prima che la Pravda, di proprietà dei bolscevichi, riuscisse ad ottenere legittimità sottoponendosi al rigido controllo della censura zarista. Nel 1913 Trotsky divenne uno dei più stimati reporter d'Europa sulla guerra dei Balcani e l'imminente scoppio del primo conflitto mondiale lo costrinse a ricongiungersi con la sua famiglia a Vienna. Da qui si trasferì a Zurigo dove scrisse l'opera "La guerra e l'Internazionale", dove accusò i socialisti europei di non essersi opposti al grande conflitto, ma di essersi lasciati coinvolgere in passioni nazionalistiche. Nel 1914 si trasferì in Francia dove scriveva per un giornale per sbarcare il lunario, ma il suo soggiorno parigino durò fino al 1916, quando fu cacciato dalla Francia che fece chiudere anche tutti i giornali francesi in lingua russa. Anche la Spagna rifiutò di accoglierlo e, imbarcatosi su un bastimento, si diresse alla volta di New York. Dagli Stati Uniti, alla notizia dello scoppio della rivoluzione russa, Trotsky si imbarcò immediatamente per far ritorno in patria e, bloccato dalla polizia canadese con l'intento di rinchiuderlo in un campo di prigionia, venne salvato dalla mediazione del ministro degli esteri del primo governo provvisorio russo e potè giungere a Pietrogrado il mese di maggio. Quando arrivò di nuovo in patria, si era già formato il secondo governo provvisorio, diviso dalla volontà delle sue diverse fazioni: i bolscevichi di Lenin, che volevano l'eliminazione del latifondo e la redistribuzione delle terre fra i contadini, e i menscevichi, i quali si accontentavano della sconfitta e deposizione della monarchia zarista senza pretendere radicali cambiamenti sociali.

L'incontro con Lenin e l'Organizzazione Intercittadina

Trotsky incontrò qui per la prima volta Lenin, che già ammirava in seguito alla lettura delle sue opere, e venne decisa da entrambe un'alleanza fra i propri partiti: il partito bolscevico di Lenin e l'"Organizzazione Intercittadina" di Trotsky, fondato nel 1913 e in cui confluivano personalità importanti come Anatolij Vasil'evic Lunacarskij, David Riazanov, Adolph Abramovich Joffe, Moisei Solomonovich Uritsky ecc. In seguito a tumulti causati dai bolscevichi che volevano imporre il cambiamento socialista, anche Trotsky, assieme all'amico Lunaciarskij, fu arrestato ma, poco tempo dopo, in seguito ad un tentativo di colpo di stato da parte del comandante in capo delle forze armate, fu costretto a difendere il governo che per primo si era proposto di combattere. Il nuovo Soviet (consiglio) costituito dopo questi disordini, s'impegnò a non reprimere più le opposizioni affermando che "nessuna mano del presidium si allungherà mai su alcuna minoranza per soffocarla". Lenin, rifugiatosi in Finlandia, sollecitò una sollevazione contro il governo provvisorio, anche se alcuni suoi collaboratori ritenevano il momento non adatto. Trotsky rispose alla necessità invocata da Lenin e, dopo la ribellione del reggimento di Pietrogrado ed il rifiuto delle truppe di avviarsi verso il fronte agli ordini del generale Kerenskij, egli approfittò del momento di debolezza del governo per organizzare picchetti armati che sarebbero stati pronti ad agire nella stessa Mosca, e la goccia che fece traboccare il vaso fu proprio la chiusura del giornale Pravda e la sua messa fuori legge da parte del governo provvisorio. Tuttavia la sua pubblicazione potè continuare sotto la protezione della Guardia Rossa e, a questo punto, il primo ministro diede impulso alla rivolta arrestando i membri del Comitato Rivoluzionario.

La presa del Papazzo d'Inverno. La fondazione dell'Armata Rossa. La sconfitta delle Guardie Bianche dei generali Kolciak, Denikin, Judenic

Trotsky riuscì a  mobilitare l'esercito della capitale, piazzando una nave da guerra di fronte al Palazzo d'Inverno, sede del Governo Provvisorio, sul fiume Neva ed espugnandolo. I ministri vennero portati alla fortezza di Pietro e Paolo. Questi avvenimenti portarono alla destituzione del primo ministro del governo provvisorio Aleksadr Fedorovic Kerenskij e alla presa del potere dei bolscevichi di Lenin e Trotskij, che ormai, al consiglio dei Soviet, ne rappresentavano i due terzi. Venne fondata la Repubblica Sovietica Federale Socialista Russa con a capo Lenin e Trotsky come ministro degli affari esteri. La terra venne distribuita ai contadini e si trattò per la pace con i paesi in conflitto, anche se le proposte non vennero accolte da Stati Uniti, Inghilterra, Italia e Francia, ma si aprì uno spiraglio con l'impero austro-ungarico e la Germania, che però non giunse a conclusione in quanto quest'ultimi imposero delle condizioni inaccettabili alla Russia, ossia l'annessione di Polonia e Paesi Baltici. Lenin, dal canto suo, sarebbe stato propenso ad accettare qualsiasi condizione di resa, poichè giudicava molto arduo riuscire a difendere il Paese dall'invasione straniera, ma alla fine prevalse la linea di Trotsky, che dovette arrendersi però dopo l'avanzata delle truppe tedesche fino a Mosca, le quali non incontrarono praticamente resistenza.  La resa fu accordata il 3 marzo 1918 con la cessione, da parte della Russia, oltre che della Polonia e Paesi Baltici, anche della Finlandia e Ucraina. Interi reparti di cosiddette "Guardie Bianche" formati dai fedeli alla deposta monarchia minacciavano lo stato sovietico asserragliati lungo le rive del Don; fu per questo che lo stesso anno 1918 Trotsky fondò l'Armata Rossa, formata da volontari ed ex ufficiali zaristi dei quali si volle sfruttare la competenza. Anche in ambiente militare veniva applicata la democrazia dal basso, in quanto i soldati stessi decidevano quali avrebbero dovuto essere i loro comandanti: c'era il desiderio di affermare la nuova coscienza sociale, che avrebbe dovuto riformare radicalmente ogni rapporto individuale e sociale. In seguito l'arruolamento nell'Armata Rossa divenne obbligatorio mostrando così la prima disillusione riguardo una consapevolezza collettiva tesa al bene comune. Kolciak, Denikin, Judenic erano i generali ribelli delle "Guardie Bianche" che avrebbero voluto la restaurazione della monarchia, ma furono infine sconfitti da abili manovre militari dell'Armata Rossa, mentre riuscirono a minacciare seriamente la stessa Pietrogrado, difesa strenuamente dai suoi abitanti.

La riforma della NEP di Lenin e la nascita di nuove classi sociali. La questione georgiana. I primi segni della malattia di Lenin e sua morte

Nel 1921 Lenin fece approvare la Nuova Politica Economica, tesa a porre rimedio alla situazione disastrosa in cui si trovava la Russia in seguito alla guerra civile e ai drastici e prematuri cambiamenti economici. Fino a quel momento i contadini dovevano cedere allo stato ogni produzione superflua che non servisse ai loro bisogni, ma con la N.E.P istituita da Lenin poterono vendere le eccedenze dopo aver consegnato allo stato la parte dovuta; l'estensione della riforma leniniana si estese anche all'industria, nella quale lo stato mantenne il controllo solo sulle aziende con più di 20 dipendenti; ma tutta questa liberalizzazione portò alla nascita di nuove classi privilegiate come i Kulaki (contadini ricchi) e a nuove caste di affaristi e trafficanti dovute alla maggiore disponibiltà di beni di consumo, il cui tenore di vita strideva con quello della maggior parte della popolazione delle città. Questa riforma, comunque, era destinata ad essere provvisoria, dal 1921 al 1929. Ormai in Trotsky e Lenin si incarnava il nuovo corso della storia, nonostante le divergenze che intercorrevano fra loro. Lenin, dopo aver subito un attentato a Mosca nel 1918 mentre stava tenendo un discorso agli operai, fu invalidato da una progressiva degenerazione delle conseguenze fisiche subite e, nel 1922, Stalin divenne il nuovo segretario generale del partito, adoperandosi in ogni modo per impedire a Lenin, che venne costretto in uno stato di segregazione, di esprimere la propria volontà, facendo credere che fosse venuta meno la sua capacità mentale. Da lì in poi Trotsky iniziò la sua battaglia contro la degenerazione burocratica dello stato sovietico imposta da Stalin. Nello stesso anno Lenin venne colto da un secondo attacco di ictus che non gli impedì, pochi mesi dopo, di condannare, in una lettera al Politburo, l'operato di Stalin e la sua politica nei confronti delle nazionalità non russe e sulla questione georgiana. Lenin si oppose strenuamente alla politica staliniana che voleva ogni regione sovietica totalmente sottoposta allo stato centrale, senza margini di autonomia e questa fu la sua ultima battaglia, nonostante la malattia gli ostacolasse la libertà. Lenin riteneva che la Georgia, in questo caso, dovesse avere un governo ed una sovranità di pari livello con la Russia e considerava la posizione di Stalin e del suo collaboratore Ordzonikidze come "sciovinismo grande russo". Questo un brano dello scritto di Lenin del 1922, "Sulla questione delle nazionalità o della autonomizzazione", che delucida perfettamente sulla situazione verificatasi:

"Si dice che ci voleva l'unità dell'apparato. Ma di dove sono venute fuori queste affermazioni? Non sono forse venute proprio da quell'apparato russo che, come ho già rilevato in una delle note precedenti del mio diario, abbiamo ereditato dallo zarismo, e che è stato solo appena appena ricoperto di uno strato di vernice sovietica? Non c'è dubbio che si sarebbe dovuto aspettare ad attuare questa misura finché non avremmo potuto dire di essere sicuri del nostro apparato, come di un apparato effettivamente nostro. Ma ora dobbiamo in coscienza affermare, al contrario, che noi chiamiamo nostro un apparato che in realtà ci è ancora profondamente estraneo, che rappresenta il filisteismo borghese e zarista, la cui trasformazione in cinque anni, mancando l'aiuto di altri paesi e prevalendo le "occupazioni" della guerra e della lotta contro la fame, non era assolutamente possibile.....In tali condizioni è perfettamente naturale che la "libertà di uscire dall'Unione", con la quale ci giustifichiamo, si rivela un inutile pezzo di carta, incapace di difendere gli allogeni della Russia dall'invasione di quell'uomo veramente russo, da quello sciovinista granderusso, in sostanza vile e violento, che è il tipico burocrate russo. Non vi è dubbio che una percentuale insignificante di operai sovietici e sovietizzati affogherà in questa marmaglia sciovinista granderussa come una mosca nel latte."

Il 21 gennaio 1924 Lenin subì l'ultimo attacco della malattia che lo portò alla morte. Le sue ultime volontà vennero espresse nel "Testamento"  indirizzato al Congresso del Partito Bolscevico che fu come un ultimo disperato tentativo di svegliare le coscienze sul nuovo pericolo stalinista e sulla degenerazione burocratica e totalitaria.

La teoria della "rivoluzione permanente" di Trotsky e della "socialismo in un paese solo" di Stalin

Trotsky raccolse la volontà di Lenin soprattutto lottando per la democrazia all'interno del Partito stesso, che avrebbe dovuto accogliere diverse correnti di pensiero e non essere basato su un centralismo eccessivo come in effetti si dimostrava. La troika (triumvirato) di Stalin, Zinov'ev, Kamenev giudicò Trotsky come uno che non capiva la necessità di un controllo ferreo sul Partito e lo accusarono di essere un "deviazionista". Trotsky e la sua componente vennero così ad essere sempre più emarginati e Stalin riuscì a far prevalere la sua concezione di "socialismo in un solo Paese", che fu in effetti un compromesso con le nazioni capitalistiche, rifiutando così l'Iternazionale e la volontà di estendere il cambiamento agli altri paesi occidentali. Quali erano i punti focali dell'opposizione trotskista? In primis la critica all'autoritarismo all'interno del Partito stesso, le deformazioni burocratiche dell'apparato statale ed il diffondersi di una nuova borghesia causato dall'incontrollata applicazione della N.E.P leniniana; vedeva inoltre nell'appoggio ai tentativi rivoluzionari nei paesi limitrofi l'unico modo per estendere il cambiamento ed impedire la sclerotizzazione del sistema e della società russa. Nel 1925 la troika fece destituire Trotsky dalla carica di commissario della guerra, sbarrando così la strada ad ogni sua pretesa di successione a Lenin. La macchina della censura e dell'oscurantismo politico si mise in moto, così come la falsificazione storica tesa ad estromettere l'operato di Trotsky dalle fasi più importanti della rivoluzione russa e del successivo cambiamento. Zinovev e Kamenev, a questo punto, abbracciarono le idee di Trotsky passando dalla sua parte e contrastando il potere divenuto ormai un vero e proprio culto della personalità di Stalin, sotto la denominazione di "Opposizione Unificata". Il tentativo dell'opposizione di coinvolgere le masse operaie e contadine non ebbe successo, poichè, oltre alla disillusione di cui erano preda, persisteva di fondo la vecchia mentalità feudale e la sostanziale immaturità psicologica. Nel 1928 giunse l'ordine di deportazione da parte di Stalin, che lo fece prelevare per essere confinato presso la cittadina di Alma Ata, nel Turkestan; in questo lungo periodo Trosky scrisse le opere "La rivoluzione permanente", "La mia vita", "Storia della rivoluzione russa". Nel frattempo Stalin varò i piani di collettivizzazione dell'agricoltura e di industrializzazione forzata, nel tentativo di porre la Russia alla pari dell'Europa occidentale, mancando alla prima l'anello fondamentale della transazione borghese. Nel 1929 Trotsky venne definitivamente espulso dalla Russia, imbarcato su una nave ed approdato ad un'isola Turca da dove potè seguire gli avvenimenti che si succedevano in Europa con l'avanzata del nazi-fascismo. A queste preoccupazioni si aggiunse il suicidio della figlia Zanaida, in preda ad una grave depressione. Nel 1933 la Francia gli concesse asilo politico, nonostante l'imposizione di numerose restrizioni; Trotsky dovette, da quel momento, assumere falsa identità per non essere riconosciuto dai sicari di Stalin che gli davano la caccia, ma, quando venne smascherato, dovette lasciare anche la Francia, nella difficoltà di trovare un paese che lo ospitasse. Nel 1935 la Norvegia lo accolse e si stabilì in una località vicino ad Oslo. Qui scrisse "La rivoluzione tradita", libro pluricensurato in Italia tuttora difficilissimo da trovare in libreria; emblematico questo brano dell'opera che sintetizza la situazione e prevede le future conseguenze:

"La caduta della attuale dittatura burocratica, se non verrà sostituita da un nuovo potere socialista, porterà al ritorno alle relazioni capitalistiche con un declino catastrofico dell'industria e della cultura."

Le purghe, i gulag, l'eliminazione fisica dei dissidenti. L'esilio di Trotsky in Messico e la sua uccisione da parte di un sicario di Stalin

Nel 1936 ebbero inizio le famigerate "purghe staliniane", in cui l'estremo arrivismo politico di Stalin si rivelò con la creazione dei gulag e con l'eliminazione fisica dei dissidenti. Il processo di diffamazione nei confronti di Trotsky e dei suoi collaboratori consisteva nella diffusione all'estero della notizia secondo la quale egli avrebbe tramato l'assassinio di Stalin, per cui anche la Norvegia fu allarmata da questo avviso, non gradendo più la sua presenza e confinandolo in una località sperduta in attesa che un'altro paese gli desse ospitalità. L'imbarazzo prodotto da queste false accuse fece sì che nessun paese occidentale accettasse più il suo asilo politico, tranne l'eccezione del Messico, il cui presidente socialista Lazaro Cardenas accettò di ospitarlo. Si stabilì così nei pressi di Città del Messico, a Coyoacàn, ospitato dal pittore Diego Rivera assieme alla moglie. Nel periodo in cui (1938-39) in Russia si verificava un parossismo delle purghe, dei processi e delle esecuzioni, in America il filosofo John Dewey cercò di riabilitare la figura di Trotsky dichiarando infondate le accuse staliniane di terrorismo e, allo stesso tempo, Trotsky si adoperò per la costituzione di una nuova Internazionale, che riunisse nella lotta rivoluzionaria le masse lavoratrici di tutto il mondo. Così la "Quarta Internazionale" venne fondata con l'appoggio di tre movimenti socialisti europei, nel 1938, a Perigny, nei pressi di Parigi, nella casa del trotskista Alfred Rosmer, in condizioni di totale clandestinità, e vi confluirono rappresentanti di 12 paesi: Francia, Gran Bretagna, Germania, Unione Sovietica, Italia, Brasile, Polonia, Belgio, Austria, Paesi Bassi, Grecia, i più numerosi furono quelli provenienti dagli Stati Uniti, con circa 1000 militanti. Dal suo soggiorno in Messico Trotsky riesce a pubblicare e diffondere in U.R.S.S. il suo bollettino di lotta contro la degenerazione stalinista. Gli ultimi anni della sua vita furono molto dolorosi, poichè videro la morte di numerosi suoi figli, fra cui, oltre la figlia suicidatasi precedentemente, il figlio Leon, che morì durante un'operazione di appendicite, ed infine Sergey, il quale, nonostante si fosse sempre tenuto lontano da attività politiche, venne ucciso in Russia perchè si rifiutò di confermare le incriminazioni contro il padre. Sentendosi minacciato dalla lunga ombra di Stalin, si trasferì successivamente in una casa di Avenida Viena, dove subì un tentativo di assassinio da parte di sicari staliniani che mitragliarono l'abitazione nella quale i famigliari riuscirono miracolosamente a salvarsi. Questo attentato fu considerato una farsa allo scopo di guadagnare le simpatie dell'opinione pubblica e mettere in cattiva luce Stalin, anche se gli avvenimenti che seguirono smentirono questa ipotesi. Infatti, poco tempo dopo l'attentato, un agente segreto di Stalin, che per giunta aveva sposato una trotskista, Ramon Mercader del Rio (detto Jacson), riuscì ad introdursi nella casa guadagnandosi con furbizia la fiducia della famiglia; il sicario, mentre Trotsky era intento a revisionare un suo articolo nello studio, estrasse una piccozza dall'impermeabile e lo uccise sfondandogli il cranio. Trasportato in ospedale in condizioni ormai disperate, Trotsky morì il 21 agosto 1940. L'articolo incompiuto abbandonato sulla sua scrivania riguardava la difesa del marxismo dallo scetticismo e dal revisionismo. La sua tomba si trova nel giardino della casa in cui fu assassinato e l'abitazione fu conservata intatta così come l'aveva lasciata.

GLI ULTIMI GIORNI DI LENIN, IL TESTAMENTO POLITICO E LA PRESUNTA SUCCESSIVA FALSIFICAZIONE DI STALIN, CHE NE ELIMINO' I PUNTI PIU' COMPROMETTENTI

Vladimir Ilic Ulianov (Lenin); 1870-1924. Gli ultimi anni di Lenin furono segnati dalla malattia in seguito all'attentato subito nel 1918 da parte della rivoluzionaria Fanni Kaplan; già verso la fine di quell'anno comparsero in lui segni di arteriosclerosi, che poi degenerò fino a portarlo alla morte; progressivamente perse l'uso del braccio e della gamba destra e solo l'anno successivo gli venne estratta una delle pallottole che lo colpirono. La malattia fu un'occasione imperdibile per estrometterlo dall'occupazione politica ed amministrativa, fu così che, nonostante Lenin rimanesse sempre alla carica di Capo di Stato, Stalin, divenendo il nuovo segretario del Partito, gli impedì progressivamente, nonostante non gli mancassero le capacità, di comunicare con qualsiasi membro del Partito. Gli fu permesso solo di inviare alcuni messaggi brevi e lettere dettate da stenografe controllate da Stalin stesso, che filtrava ogni sua corrispondenza. Lenin capiva che da lì a poco sarebbe sopravvenuta la morte e che incombeva la necessità di trovare un'altro leader per l'Unione Sovietica, che ereditasse i suoi ideali di tolleranza, avesse doti d'intelligenza e conoscenze sufficienti  a superare le difficoltà di un cambiamento così vertiginoso nel sistema socio economico e nella mentalità generale. Ed ecco che la Lettera del 24 dicembre 1922 è considerata la prima parte fondamentale del testamento politico di Lenin; egli in questo scritto mette in guardia, per il futuro del Paese, dalla figura di Stalin, che giudica grossolano, intollerante e  sleale. Questi i brani più salienti del Testamento che avrebbe dovuto essere reso pubblico dopo la morte:

"Il compagno Stalin, divenuto segretario generale, ha concentrato nelle sue mani un immenso potere, e io non sono sicuro che egli sappia servirsene sempre con sufficiente prudenza."

Questa l'aggiunta integrata al Testamento nel 1923:

“Stalin è troppo grossolano, e questo difetto, del tutto tollerabile nell'ambiente e nei rapporti tra noi comunisti, diventa intollerabile nella funzione di segretario generale. Perciò propongo ai compagni di pensare alla maniera di togliere Stalin da questo incarico e di designare a questo posto un altro uomo che, a parte tutti gli altri aspetti, si distingua dal compagno Stalin solo per una migliore qualità, quella cioè di essere più tollerante, più leale, più cortese e più riguardoso verso i compagni, meno capriccioso. Questa circostanza può apparire una piccolezza insignificante. Ma io penso che, dal punto di vista dell'impedimento di una scissione e di quanto ho scritto sopra sui rapporti tra Stalin e Trotski, non è una piccolezza, ovvero è una piccolezza che può avere un'importanza decisiva”.

Il 22 dicembre 1922, ovvero due giorni prima della stesura della Lettera testamentaria, Lenim dettò una lettera alla moglie, indirizzata a Trotsky, nella quale si congratulava per aver mantenuto il monopolio dello stato in alcuni campi economici; quando Stalin lo venne a sapere fece una telefonata alla moglie rimproverandola aspramente per aver permesso al marito di sottoporsi a quella fatica. La moglie di Lenin non informa il marito del duro trattamento ricevuto da Stalin, ma il giorno successivo scrisse una lettera a Kamenev (vice presidente del Consiglio dei Ministri) comunicandogli quanto segue:

 “Stalin s' è permesso ieri un attacco assai rozzo nei miei riguardi, sotto il pretesto che avevo autorizzato Ilich a dettarmi una breve lettera - ciò che io ho fatto col consenso dei medici. Non è da oggi che sono membra del partito, ma in trent’ anni non avevo mai sentito nulla di simile. Gli interessi del partito e dello stesso Ilich mi stanno a cuore tanto quanto a Stalin. So bene ciò di cui si può o non si può parlare con Ilich, poiché so che cosa lo preoccupa, lo so meglio di qualunque medico, in tutti i casi meglio di Stalin... Non sono di marmo e i miei nervi sono al limite”.

Pochi mesi dopo, nel marzo 1923, Lenin viene a conoscenza del trattamento ricevuto dalla moglie e queste sono le parole di sdegno che scrisse a Stalin:

 "Al compagno Stalin
Copie ai compagni Kamenev e Zinoviev

Caro compagno Stalin: sei stato molto insolente ad esigere mia moglie al telefono e usare un linguaggio così grossolano. Sebbene lei ti avesse detto di essere pronta a dimenticare l'accaduto, non di meno ciò è venuto a conoscenza, per suo tramite, ai compagni Zinoviev e Kamenev. Io non intendo dimenticare così facilmente ciò che è stato fatto contro di me perché non è necessario dire che ciò che è stato fatto contro mia moglie lo considero fatto contro di me. Per questo ti chiedo di riflettere bene e se sei pronto a ritirare quello che hai detto, a fare le tue scuse, oppure, se preferisci, a considerare interrotti i nostri rapporti. Con rispetto, Lenin”

Stalin ottenne il potere con l'inganno e contro la volontà dei veri fautori del socialismo; era, si può ammettere, un relitto della vecchia mentalità feudale, traslata in quello che sarebbe dovuto essere un nuovo ordine sociale o, meglio, un ritorno alle origini naturali della convivenza umana.

Il problema dell'autenticità del Testamento e la manipolazione di stalin

La "Lettera testamentaria" fu dettata da Lenin alla sua stenografa a partire dal 1922 al 1923, essendo egli impossibilitato a scrivere a causa delle condizioni in cui versava. La data del 1923 è quella relativa all'aggiunta in cui si tiene Stalin inadatto a ricoprire la carica di successore. Lo studioso Luciano Canfora, nel suo libro "La storia falsa" del 2008, ha avvalorato l'ipotesi che il Testamento di Lenin in realtà non fosse del tutto autentico, ma manipolato sapientemente e minuziosamente dallo stesso Stalin prima della sua pubblicazione. Canfora esamina minuziosamente alcune minime incongruenze stilistiche, datazioni non cronologicamente corrispondenti ed altri particolari che sfuggono ad un'osservatore che non approfondisca la questione. Non è difficile notare come le considerazioni di Lenin su Stalin nel documento siano basate quasi esclusivamente sui tratti caratteriali del personaggio, mentre, stranamente, Trotsky viene criticato politicamente e giudicato un "non-bolscevico-iniziale"; pare strano che colui che si contrappose più agli antipodi delle posizioni e della mentalità leninista sia trattato con meno fermezza dell'altro, quasi paternamente. Saranno proprio queste critiche a Trotsky nella lettera testamentaria a d essere strumentalizzate da Stalin ai fini del proprio potere. Luciano Canfora fa una deduzione che a chiunque potrebbe venire in mente, affermando che "Lenin non vuole Stalin e al tempo stesso squalifica gli altri possibili eredi. È questa la maniera di far testamento?". Canfora ritiene il documento falsato da Stalin allo scopo di occultare le autentiche volontà di Lenin riguardo il futuro dell'URSS. La manipolazione testuale del testamento permise a Stalin di occultare la reale rottura che ci fu fra lui e Lenin e Canfora avverte in quella manipolazione proprio il modello imperiale bizantino della cultura ecclesiale (riferendosi al falso documento medievale della "Donazione di Costantino"), che gli permise di dare l'apparenza di una continuità con il modello del predecessore. Il suo Testamento Lenin lo aveva dettato a più riprese, dal 1922 al 1923 ed esprimeva l'esplicita volontà di togliere Stalin dall'incarico di Segretario Generale del Partito. Ma lo scritto non verrà subito reso pubblico, ovvero letto durante il successivo XII Congresso, ma passerà più di un anno prima che fosse divulgato, addirittura a porte chiuse, durante il XIII Congresso, nel 1924. Luciano Canfora, attraverso dettagliate analisi testuali e cronologiche, ritiene che il documento, da Lenin all'inizio affidato alla moglie e, mediante lei, al Comitato Centrale del PCUS, fosse stato intercettato da Stalin che lo bruciò, facendone fare una copia da sua moglie (di Stalin); Canfora afferma che la manipolazione avvenne prima che venissero fatte le 5 copie ufficiali dello scritto. Fu dunque il Testamento epurato da ogni giudizio troppo compromettente su Stalin e da ogni espressione d'intesa con Trotsky. Stalin non poteva sfuggire alla pubblicazione del documento, di cui tutti erano a conoscenza, doveva per forza presentarlo al Partito, ma, leggendo i testi di Trotsky si viene a conoscenza di come questa fosse una pratica abituale del personaggio, che falsificò anche particolari di lettere di Lenin indirizzate a Trotsky, che venivano obbligatoriamente presentate al Congresso.

Pertanto è doveroso riportare un brano di Trotsky tratto dall'articolo "A proposito del libro di Eastman" – Dopo la morte di Lenin, Bolscevik, n. 16, 1° settembre 1925:

"Vladimir Ilic non ha lasciato nessun "testamento", e lo stesso carattere dei suoi rapporti col partito, come il carattere del partito stesso, escludevano la possibilità di un tale "testamento". La stampa dell'emigrazione, la stampa estera borghese e quella menscevica di solito ricordano come "testamento" una lettera di Vladimir Ilic (tanto alterata da essere irriconoscibile) contenente consigli di carattere organizzativo. Il XIII Congresso ha esaminato con grande attenzione anche questa lettera, come tutte le altre, e ne ha tratto le conclusioni conformi alle condizioni e alle circostanze del momento. Qualsiasi chiacchiera sull'occultamento o sulla violazione del "testamento" è una maligna invenzione ed è interamente diretta contro l'effettiva volontà di Vladimir Ilic e gli interessi del partito da lui creato".

LE RADICI DEL TOTALITARISMO STALINISTA

La formazione ideologica nel seminario di Tiflin

Il suo vero nome era Iosif Vissarionovic Dzugasvili; il falso nome "Stalin" significava "uomo d'acciaio". Nacque nel 1878 e morì nel 1953, per cause ancora misteriose, a Mosca. Per riuscire ad inquadrare la personalità e la mentalità autoritaristica di Stalin, basta fare un salto nel suo passato, agli anni della formazione e a quelli che furono i suoi primi indirizzi. Il libro dell'odierno biografo e storico inglese Simon Sebag Montefiore (Il giovane Stalin) svela l'origine ideologica della mentalità autoritaria di Stalin, attraverso l'analisi dell'esperienza da lui avuta in età giovanile presso il seminario ortodosso di Tiflin. Infatti non si può certo affermare (a meno da non voler essere disonesti) che la personalità crudele e totalitaria di Stalin affondi le radici nell'ideologia comunista la quale, se considerata nella sua vera essenza, si pone esattamente all'opposto di tutto ciò che può essere dispotico, ma ogni degenerazione successiva al cambiamento socialista si radica invece negli strascichi feudali, di matrice soprattutto religiosa, del regime precedente: questo è successo in Russia come nei paesi dell'Est europeo, nei quali non ebbe luogo una graduale evoluzione sociale, ma un cambiamento drastico e traumatico senza alcuna radice nella coscienza collettiva, che inevitabilmente sfociò nelle dittature che ben conosciamo. Il presidente americano Roosevelt nel 1943 "si mostrò molto incuriosito del fatto che Stalin fosse stato indirizzato al sacerdozio" (così si legge in un appunto di una conferenza tenutasi in quell'anno) e, durante la stessa conferenza, Roosevelt affermò anche: "Non credete che questa sua formazione abbia avuto una certa importanza?". Stalin, in un'intervista del 1931 allo scrittore tedesco Emil Ludwig, disse "Sono diventato socialista in seminario... perchè il tipo di disciplina che vi regnava mi faceva uscire dai gangheri. Quel seminario era un nido di spionaggio e di cavillosità. Alle nove del mattino ci riunivano per il tè e quando ritornavamo nei dormitori scoprivamo che tutti i cassetti e tutti gli effetti personali erano stati visitati...e come frugavano quotidianamente nelle nostre carte, così frugavano tutti i giorni anche nelle nostre anime". Fu egli stesso ad ammettere come gli anni passati in quel seminario determinarono il suo carattere e la personalità, ma non certo come ribelle al sistema, ma come elemento stesso del sistema feudale ed assolutistico precedente, ereditato e mai superato dalla società russa ancora formata da masse contadine totalmente incoscienti e guidate dalle elite intellettuali rivoluzionarie che facevano ogni sforzo per coinvolgerle ideologicamente. Furono proprio i metodi ed il sistema di controllo religioso adottato in seminario dai preti ortodossi ad insegnare a Stalin l'uso dello stesso sistema nell'ambito politico e sociale post-rivoluzionario, creando in questo modo una continuità con il regime precedente e la sua mentalità assolutistica, diamentralmente opposta all'ideaologia socialista di Marx e Lenin.

L'antisemitismo

 E'inutile aggiungere  che l'antisemitismo di Stalin venne anch'esso assimilato negli anni del seminario: luogo in cui questo elemento veniva coltivato nelle giovani menti in modo estremamente virulento; infatti nella Russia zarista e fondamentalmente religiosa erano frequenti i "pogrom" (spedizioni contro le comunità ebraiche organizzate dai preti durante le quali venivano bruciate case e sinagoghe). Il modo migliore per creare compattezza in una nazione e soggiogare la popolazione alla propria volontà è quello di creare un nemico comune e gli ebrei furono sempre l'obiettivo ideale di aspiranti dittatori (come vediamo anche oggi in seguito alla crisi) e dittatori affermati per aumentare il loro potere. La morte del despota russo il 5 marzo 1953, evitò un'olocausto che si stava preparando proprio in quel periodo e che già ebbe inizio da un mese, fino alla notizia del decesso di Stalin, che interruppe questo processo. Ovviamente Stalin non era un'intellettuale e un uomo di cultura, perciò la sua rozzezza mentale gli mpedì l'affrancamento dalle convinzioni metabolizzate in età giovanile; peraltro nemmeno le più grandi menti del passato poterono mai essere totalmente libere dagli influssi dell'educazione e della mentalità della loro epoca. Stalin infatti strumentalizzò in modo efferato l'antisemitismo di fondo della mentalità religiosa russa per la sua guerra contro gli oppositori all'interno del Partito comunista stesso; non dimentichiamo che la maggior parte delle vittime delle purghe e dei crimini furono proprio i comunisti che volevano difendere gli ideali marxisti dalla degenerazione stalinista. In particolare la nuova classe privilegiata dei burocrati, per poter superare l'odio delle masse, faceva uso dei più bassi istinti e superstizioni feudali radicate in generazioni cresciute in epoca zarista. Questo un brano dall'opera "Termidoro e antisemitismo" di Trotsky:

"La burocrazia privilegiata, paurosa di perdere i suoi stessi privilegi, e conseguentemente completamente demoralizzata, rappresenta allo stato attuale lo strato più antisocialista ed antidemocratico della società sovietica. Nella lotta per la propria auto-conservazione essa sfrutta i pregiudizi più radicati e gli istinti più arretrati... Sotto la direzione di Stalin, Uglanov a Mosca e Kirov a Leningrado hanno portato avanti sistematicamente e quasi completamente allo scoperto questa linea. In modo da dimostrare più nettamente agli operai le differenze tra il "vecchio" corso ed il "nuovo", gli ebrei, anche quando incondizionatamente devoti alla linea generale, furono rimossi dai posti di responsabilità che ricoprivano all'interno del partito e dei Soviet... Nei mesi della preparazione dell'espulsione dell'Opposizione, degli arresti, degli esili (avvenuti nella seconda metà del 1927), l'agitazione antisemita assunse un carattere completamente sfrenato. Lo slogan, "Battere l'Opposizione", spesso ha preso l'aspetto del vecchio slogan "Battere gli ebrei e salvare la Russia". La faccenda andò così lontano da costringere Stalin a pubblicare una dichiarazione scritta che affermava: "Noi lottiamo contro Trotsky, Zinov'ev e Kamenev non perché essi sono ebrei ma perché sono Oppositori", ecc. Ad ogni persona politicamente pensante fu completamente chiaro che questa dichiarazione volontariamente equivoca, diretta contro gli "eccessi" di antisemitismo, allo stesso tempo nutriva con completa premeditazione questo sentimento. "Non scordate che i leader dell'Opposizione sono - ebrei". Questo fu il significato della dichiarazione di Stalin, pubblicata in tutti i giornali sovietici... Lo sterminio fisico della vecchia generazione bolscevica è, per qualsiasi individuo pensante, un'incontrovertibile espressione della reazione termidoriana, e nel suo stadio più avanzato. La storia non ha mai visto alcun esempio in cui la reazione che ha seguito l'ondata rivoluzionaria non sia stata accompagnata dalle più sfrenate passioni scioviniste, antisemite su tutte."

Stalin spia zarista?

Nel 1988 un organo di stampa del Partito Comunista Sovietico diramò l'informazione secondo la quale Stalin, ai tempi della rivoluzione, sarebbe stato un'informatore della polizia segreta zarista. In seguito alla Perestrojka di Gorbaciov certe notizie poterono essere svelate, anche se con un margine di dubbio, ma provenienti da fonti attendibili poichè si trattava della testimonianza di un vecchio bolscevico: un certo Borisov (sul relativo articolo della Repubblica è riportato solo il cognome). Egli affermò di aver conosciuto Stalin in esilio a Kureika, nella Russia siberiana nordoccidentale, in una località lontana più di 500 km. da ogni centro abitato; dal suo arrivo iniziarono a verificarsi arresti troppo frequenti fra i suoi compagni perchè non nascessero sospetti su di lui e, per questo, tutti i bolscevichi esiliati della zona decisero di fare una riunione per l'identificazione della spia, ma Stalin  non si presentò, poichè era evaso il giorno prima: cosa impossibile da attuarsi senza l'aiuto delle autorità, vista la rigidità del clima e l'isolamento della zona. A quei tempi era frequente l'infiltrazione di agenti zaristi fra i bolscevichi e alcuni di questi erano proprio quelli che godevano della massima fiducia di Lenin stesso.

Rapporti di Stalin con l'Italia fascista

Ambigui furono anche i rapporti che si instaurarono fra l'Italia fascista e l'URSS di Stalin  negli anni '20. I comunisti fuggiti in Russia in quel periodo, dalla loro corrispondenza, erano molto critici nei confronti del regime stalinista. Infatti il regime fascista nutriva una certa simpatia nei confronti di Stalin, soprattutto parteggiava per lui nella sua guerra contro Trotsky. L'inviato del Corriere della Sera dal 1926 al'29, Salvatore Aponte, ci tenne a chiarire l'origine ebraica di Trotsky e come, invece, nella schiera di Stalin non ci fossero ebrei e di come Stalin fosse considerato "colui che seppellisce l'estremismo comunista del '17".

LE MIE RIFLESSIONI DAL LIBRO DI TROTSKY, CAPITOLO 5° DELLE OPERE sCELTE: "LA LOTTA ALLO STALINISMO, 1924-'35"

Le opere di Trotsky furono per molto tempo oggetto di censura in Italia. Queste le parole del curatore del libro di Trotsky, Piero Neri, nella prefazione: "Il fatto che in Italia un marxista della levatura di Rakovskij sia sconosciuto, che Trotsky sia stato per lungo tempo censurato e calunniato è proprio il segno di un lungo periodo dominato dalla falsificazione storica stalinista e post-stalinista. Ma è anche prodotto dell'egemonia culturale del togliattismo italiano, delle articolate falsificazioni e del provincialismo che questo ha diffuso nella sinistra e nel movimento operaio...Molte opere fondamentali hanno atteso decenni per essere pubblicate in Italia o non lo sono mai state...Tra questi, vale la pena di segnalare il destino di un'opera come "La lettera all'Istituto di storia del Partito"...La sua pubblicazione avrebbe addossato alla sinistra ufficiale alcune delle responsabilità - politiche, culturali, addirittura editoriali - accumulate durante i decenni della falsificazione". Ricordiamo che Christian Georgievic Rakovskij (1873-1941), citato sopra da Piero Neri, di nazionalità rumena, fu uno dei più importanti oppositori a Stalin fra le file di Trotsky, delegato dei socialisti bulgari al congresso della seconda Internazionale nel 1893; fu collaboratore di Trotsky per La Pravda; si allea ai bolscevichi dopo il 1917 e si scontra con stalin al XII congresso. Venne infine deportato, detenuto, già malato, in condizioni disumane e fucilato nel 1941 per ordine di Stalin che, non ancora soddisfatto, ne fa sezionare il corpo e disperderne i pezzi. Le opere di Rakovskij sono moltissime; ecco le più importanti: "La Russia in Oriente", "Metternich e la sua epoca", "La Romania e i boiardi", "Lettera a Valentinov", "I pericoli professionali del potere","dichiarazione dell'Opposizione al XV Congresso", "Vita di Saint Simon", le "Memorie", "Storia della guerra civile in Ucraina".

Si possono considerare le condizioni della Russia del 1917 simili a quelle della Francia del 1789, in effetti mature per una rivoluzione di stampo borghese piuttosto che comunista, in quanto in entrambi i paesi, sebbene quasi un secolo e mezzo separi i due avvenimenti, vigeva  ancora un regime semi-feudale, la classe operaia (ovvero l'elemento trainante degli ideali marxisti) era ancora in embrione e la popolazione era costituita da masse contadine ben poco propense alla collettivizzazione, quanto piuttosto all'arricchimento personale allorchè le terre fossero distribuite a chi le lavorava. In effetti il percorso di collettivizzazione e cambiamento doveva essere intrapreso dalla classe operaia, non avendo quest'ultima, a differenza della massa rurale, alcun interesse personale proveniente dalla capitolazione della borghesia capitalistica, mentre il contadino liberato dalla servitù fondiaria poteva contare su un appezzamento di sua proprietà con il quale avrebbe potuto arricchirsi a svantaggio della comunità. In Russia questo, nel periodo post-rivoluzionario in cui la riforma economica della NEP di Lenin giocò un ruolo fondamentale, significò la nascita di una classe privilegiata di contadini ricchi chiamati "Kulaki", che furono per un certo periodo favoriti dalla riforma, a carattere temporaneo, che favoriva l'accumulo di capitali,  nella speranza che quest'ultimi sarebbero stati poi dirottati verso lo sviluppo industriale. La gran massa dei contadini poveri, invece, faceva molta fatica ad essere attratta nella sfera e nell'attivismo del Partito, ancor meno ad essere coinvolta nell'applicazione degli ideali marxisti, essendo sottoculturata e dominata da una miseria che non lasciava spazio ad altre preoccupazioni che non fossero la sopravvivenza e la necessità di cavarsela in qualche modo. La classe operaia era circoscritta alle grandi città presso le quali si trovavano le prime fabbriche sorte in Russia, ma non costituiva una massa numerosa come quella dei paesi dell'Europa occidentale, già da tempo industrializzati. Tranne questo, a parte i numerosi esempi di operai fondatori del movimento bolscevico assieme a Lenin, quindi coscienti della propria epoca, anche la classe operaia subiva gli strascichi di un lungo oscurantismo feudale e in gran misura fu "accompagnata" alla rivoluzione dall'elite intellettuale. In questo modo, subito dopo la presa del potere del Partito Comunista, ebbero già inizio i primi segnali di degenerazione.

1) TROTSKY CONTRO LA BUROCRATIZZAZIONE E PER LA DEMOCRAZIA DI PARTITO

E' superfluo ribadire che la lotta di Stalin contro Trotsky fu appoggiata da tutte le potenze capitaliste occidentali, finanche dal regime fascista di Mussolini, poichè le vittime dei gulag e delle purghe non furono certo gli aspiranti restauratori del regime zarista, nemmeno ambiziosi accumulatori di capitali appartenenti alla nuova borghesia, ma furono in maggior parte i comunisti oppositori al totalitarismo crescente che difendevano le vere idee marxiste, che sono acerrime nemiche di ogni imposizione. Hitler addirittura lo invidiava e ne copiava i metodi di manipolazione mentale e controllo altrui. La stampa americana auspicava la capitolazione di Trotsky ed egli stesso, nel suo scritto "I metodi di direzione" del 2 giugno 1928, riporta un brano del periodico "The Nation" con sede a Washington, il quale, come da propaganda stalinista, capovolge completamente la realtà:

"Quest'azione pone la domanda: chi rappresenta la continuazione del programma bolscevico in Russia e chi la reazione inevitabile contro di esso? E' sembrato ai lettori americani che Lenin e Trotsky rappresentassero la stessa cosa e la stampa conservatrice e gli statisti sono giunti alla stessa conclusione. E' così che il New York Times ha trovato come principale argomento di giubileo per l'anno nuovo l'eliminazione riuscita di Trotsky dal partito comunista, dichiarando senza tanti ambagi che l'Opposizione espulsa era per la perpetuazione delle idee e condizioni che hanno escluso la Russia dalla civiltà occidentale. La maggior parte dei grandi giornali europei scrivono nello stesso senso. Si dice che Auste Chamberlain, durante la Conferenza di Ginevra, avrebbe affermato che la Gran Bretagna non poteva entrare in negoziati con la Russia per la semplice ragione che Trotsky non era ancora stato messo al muro. Deve essere contentissimo dell'esilio di Trotsky. In ogni caso, i portavoce della reazione in Europa sono unanimi nel pensare che sia Trotsky e non Stalin il loro principale nemico comunista...Non c'è dubbio che la tendenza di Stalin ad allontanarsi dal programma bolscevico rigoroso debba essere difesa come una concessione alla volontà della maggioranza del popolo".

Affermazioni queste qui sopra di The Nation che attengono perfettamente alla tattica del capovolgimento della realtà adottata da Stalin contro Trotsky: praticamente Stalin addossava intenzionalmente all'Opposizione trotskista le proprie deviazioni e le proprie degenerazioni, accusando Trotsky (paradossalmente) di essere nemico delle idee di Lenin e di volerne ostacolare l'applicazione! Quando Trotsky teneva un discorso al Congresso, il senso delle sue affermazioni veniva rovesciato; le stesse lettere di Lenin, lette pubblicamente al Congresso, venivano manomesse allo scopo di mettere in cattiva luce l'Opposizione comunista. Aggiungiamo il fatto che Stalin giunse ad un compromesso con i paesi capitalisti adottando l'idea della "rivoluzione in un paese solo", pacificandosi così con l'Europa e l'America e snaturando il suo pseudo-comunismo del suo senso più profondo, che è l'internazionalizzazione. Per questo Trotsky auspicava la nascita della IV internazionale.

"Alla conquista del potere è seguita una rapida, addirittura anormale, crescita del Partito. Come un potente magnete il Partito ha attratto non solo lavoratori poco coscienti, ma anche certi elementi completamente alieni al suo spirito: funzionari, carrieristi e parassiti politici. In questo periodo caotico, è riuscito a preservare la sua natura bolscevica solo grazie alla dittatura interna della vecchia guardia, provatasi nell'Ottobre...Senza la nostra modesta esperienza, di cui le sfere dirigenti non devono semplicemente prendere nota, ma che dobbiamo noi stessi mettere a disposizione del Partito, l'apparato dirigente del Partito cresce in modo burocratico e noi, la base comunista, non ci sentiamo sufficientemente armati ideologicamente nei confronti della gente esterna al Partito".

Ma la burocratizzazione era anche dovuta al sempre crescente dogmatismo interno al Partito, a causa della morsa in cui veniva tenuto dalla vecchia generazione bolscevica, incapace di adeguarsi al nuovo corso e al cambiamento dei tempi e delle necessità. Nei primi tempi l'esperienza delle vecchie generazioni fu indispensabile alla soluzione della complicata situazione post-rivoluzionaria, ma il fatto che ad esse fossero riservati i posti più rilevanti generò senza dubbio una cristallizzazione e una chiusura all'evoluzione della mentalità e dei progetti, del tutto estranea all'ideologia marxista, nemica di ogni tradizione e pedanteria. Questo infatti il pensiero di Trotsky e l'essenza del marxismo leninista:

"Il leninismo significa vera libertà dai pregiudizi formalistici, dal dottrinalismo moraleggiante, da ogni forma di conservatorismo intellettuale che tenti di soffocare la volontà di azione rivoluzionaria...Non c'è nulla di più estraneo al leninismo che l'arroganza dei funzionari ed il cinismo burocratico...Il leninismo è ortodosso, ostinato ed irriducibile, ma senza neanche un pizzico di formalismo, dogmatismo o burocratismo...Voler fare delle tradizioni leniniste una garanzia dogmatica dell'infallibilità di tutte le parole e di tutti i pensieri degli interpreti di queste tradizioni, significa farsi beffe dell'autentica trdizione rivoluzionaria e trasformarla in burocratismo ufficiale".

Il burocratismo è generalmente dovuto ad un basso livello d'istruzione della popolazione ed alla conseguente delega delle decisioni e delle responsabilità ad una classe dirigente che, in regime capitalistico è strumento della borghesia che detiene i mezzi di produzione, nel nuovo sistema socialista più assumere le caratteristiche di parassitismo sociale, in quanto la burocrazia, come strumento dello stato, può erigersi a casta dominante estranea alla natura del partito comunista e della classe lavoratrice, arricchendosi alle sue spalle ed opprimendola. E', di conseguenza, ovvio che la burocrazia sovietica abbia rispecchiato in sè la mentalità e l'arretratezza del precedente regime zarista, adottandone l'autoritarismo e la tirannia. Ma leggiamo le parole di Trotsky nel capitolo "Lettera all'Ufficio politico" sull'essenza della democrazia di partito:

"L'ulteriore sviluppo del regime burocratico conduce fatalmente verso il dominio di un solo uomo, insieme ad una riduzione egualmente fatale nella qualità ideologica della direzione. La democratizzazione del regime di partito non solo permette, ma richiede il ristabilimento della direzione collettiva ad un più alto livello politico e culturale".

Al capitolo V intitolato "I Soviet", Trotsky scrive:

"In ogni stato borghese, a prescindere dalla sua forma, l'apparato burocratico sta al di sopra della popolazione, tenendo tutti i suoi componenti attraverso il sistema di protezione mutua tipica di tutte le caste dominanti e promuovendo sistematicamente fra i lavoratori la paura e la sottomissione verso i governanti. La Rivoluzione d'Ottobre, sostituendo alla struttura del vecchio stato o Soviet degli operai, dei contadini e dei soldati, inferse il colpo più pesante nella storia al vecchio idolo dello stato burocratico. Il programma del nostro Partito dice in tal proposito:

Il Partito Comunista russo, combattendo con decisione il burocratismo, lotta per le seguenti misure al fine di sconfiggere completamente questo male:
1: Il coinvolgimento obbligatorio di ogni membro di un soviet in un compito particolare di amministarzione dello stato;
2: la rotazione regolare di questi compiti, in modo che tutti i settori dell'amministrazione siano possibilmente ricoperti;
3: un coinvolgimento graduale dell'intera popolazione lavoratrice, senza eccezione, nell'amministrazione dello stato.
L'eliminazione dello Stato risulterà dalla realizzazione completa e risoluta di tutte queste misure, che rappresentano un ulteriore passo sulla strada aperta dalla Comune di Parigi, e da una semplificazione di tutte le funzioni amministrative, combinata ad un innalzamento del livello culturale di tutti i lavoratori".

E' infatti l'estinzione, per superfluità, dello Stato stesso l'obiettivo ultimo del comunismo, dopo il superamento della fase socialista consistente, appunto, in una fase transitoria in cui l'apparato statale dovrebbe fungere da ponte al completo affrancamento da ogni vertice ed autorità, adottando a caposaldo sociale proprio il raggiungimento di un alto livello culturale generale dal quale scaturisce una consapevolezza collettiva in grado di creare l'equilibrio ed il controllo necessario al di là di ogni coercizione. Per ottenere questo è urgente superare ogni tipo di nazionalismo ed estendere le conquiste a livello mondiale, creando un nuovo ordine globale. Ma ieri come oggi questo obiettivo, nobilissimo, si presenta come una prospettiva molto lontana nel tempo, forse sarà questione ancora non di decenni, ma di secoli, progressivamente, poichè un dato livello di consapevolezza non può essere raggiunto, a mio parere, separatamente dal crollo naturale del capitalismo come sistema basato proprio sull'assenza di un limite all'accumulo di ricchezza da parte di pochi, sulla cecità nei confronti del bene collettivo e, quindi, della salute del pianeta stesso, sulla corsa inevitabile verso un'implosione di questo sistema assurdo e febbrile ma che, più probabilmente, non avverrà ad opera di una rivoluzione, con tutte le problematiche organizzative che ne conseguono, ma per un suo superamento progressivo e necessario, pena la stessa sopravvivenza del genere umano e del pianeta. Le rivoluzioni violente sono eventi solitamente guidati da elite intellettuali che sperano idealisticamente di poter coinvolgere le masse nei propri obiettivi, per questo, non avendo poi un appoggio nella consapevolezza delle masse, il periodo post-rivoluzionario cade inevitabilmente nelle spire burocratiche. Ecco la situazione del Partito in Russia come la descrive Trotsky nel capitolo VII "Il Partito":

"Le direzioni dei comitati regionali, dei comitati esecutivi regionali, i consigli sindacali regionali, ecc..., sono in realtà irremovibili(per periodi che vanno da tre a cinque anni e oltre). Il diritto di ogni militante del Partito, di ogni gruppo di militanti, di esporre le sue differenze di fondo di fronte a tutto il Partito è di fatto annullato. Congressi e conferenze sono convocate senza una previa discussione libera (come invece avveniva sempre sotto Lenin) di tutte le questioni nell'insieme del Partito. La richiesta di una tale discussione viene accolta come una violazione della disciplina del Partito. Vengono completamente dimenticate le parole di Lenin secondo il quale lo stato maggiore bolscevico potrà veramente contare sulla buona e cosciente volontà di un esercito che segua il proprio stato maggiore e in pari tempo lo indirizzi".

"La liquidazione della democrazia interna poprta alla liquidazione della democrazia proletaria in generale, nei sindacati e in tutte le altre organizzazioni di massa non affiliate al Partito".

Le parole di Lenin: "Chi crede sulla parola è un inguaribile idiota", Trotsky afferma essere state sostituite da un'altra formula: "Chi non crede alla versione ufficiale è un oppositore".

"Gli operai che simpatizzano con l'Opposizione (trotskysta) sono costretti a pagare le loro opinioni con la disoccupazione. I militanti di base del Partito non possono esporre apertamente le loro posizioni. Vecchi militanti del Partito sono privati del diritto di esprimersi sia nella stampa che nelle riunioni".

Questa dunque la situazione in seguito alla presa di potere da parte di Stalin. Su come la natura fondamentalmente mediocre dei burocrati (che non  appartenevano alla crema intellettuale degli ideologi della rivoluzione, ma erano costituiti da carrieristi e gente di poca levatura) abbia ereditato le caratteristiche gerarchiche del precedente regime. L'idolatria del "capo", infatti, era elemento prettamente burocratico e rispecchiava "il capo" della gerarchia capitalistica industriale e "il capo"  inteso come vertice della gerarchia feudale zarista. Il culto della personalità di Stalin affondava le radici in questa mentalità riverente e servilistica. Sempre al cap.VII "Il Partito", così Trotsky:

"Sul piano organizzativo, la sottomissione attuale dell'Ufficio politico alla Segreteria e al Segretario Generale è un fatto compiuto da tempo. Ciò ha giustificato il più grande timore espresso da Lenin nel suo Testamento: il timore che Stalin non sia sufficientemente leale, non utilizzi conformemente alla consuetudine del Partito il potere illimitato  che aveva concentrato fra le sue mani".

"Non sono stati soltanto il carrierismo, il burocratismo e l'ineguaglianza  ad essere cresciuti nel Partito, ma sono anche affluite al suo interno correnti torbide provenienti da fonti aliene ed ostili alla classe, come l'antisemitismo, per esempio. La salvaguardia stessa del Partito dipende  da una lotta impietosa contro tale inquinamento".

Da queste parole si capisce come i burocrati si fossero organizzati in una vera e propria casta, eliminando ogni concetto più elementare di democrazia, discussione e perseguitando l'opposizione comunista fino ai limiti estremi dell'eccidio, decretando in questo modo la fine del percorso marxista dopo la morte di Lenin.

2) LA FALSIFICAZIONE STORICA STALINISTA

La propaganda stalinista contro l'Opposizione guidata da Trotsky adottava abitualmente, come abbiamo descritto sopra, i metodi del capovolgimento totale della realtà, addossando all'avversario i propri difetti e le proprie cattive intenzioni, accusando proprio coloro che erano i veri difensori del marxismo leninista di tradire le idee di Lenin e di essere addirittura dei controrivoluzionari, come si legge nel testo di Trotsky al capitolo XI "Problemi reali e problemi immaginari in discussione":

"...la deviazione piccoloborghese che attualmente esiste all'interno del nostro stesso partito, non può combattere le nostre posizioni leniniste se non attribuendoci cose che non abbiamo mai pensato o detto. Il gruppo di Stalin sa perfettamente che una grande maggioranza dei militanti del Partito ci appoggerebbe se avessimo la possibilità di difendere le nostre autentiche posizioni, in una discussione anche solo somigliante ad un libero dibattito".

Stalin aveva impedito l'accesso alla stampa del Partito da parte dell'Opposizione, così che non potesse difendersi dalle accuse. Uno degli argomenti preponderanti negli obiettivi della falsificazione era proprio l'internazionalizzazione del comunismo, che non avrebbe dovuto limitarsi ad essere circoscritto ad un paese solo, per di più arretrato come la Russia, pena il suo decadimento. La volontà di Trotsky di costituire una IV Internazionale era basata su questo: se il cambiamento sociale russo non si fosse unito al cambiamento in tutti gli altri paesi più avanzati d'Europa, che avrebbero avuto funzione di traino, sarebbe stato destinato alla cristallizzazione e all'isolamento, che lo avrebbe portato alla fine, come poi accadde, poichè  la spinta allo sviluppo della Russia avrebbe potuto venire solo da paesi già sviluppati che collaborassero seguendo gli stessi obiettivi. Stalin istituì l'idea del "socialismo in un paese solo", accontentando così le potenze capitaliste e giungendo ad un compromesso con quest'ultime. In questo modo la volontà di Trosky e dell'Internazionale venne interpretata dal regime come una mancanza di fiducia nelle capacità della Russia e del socialismo stesso. Ogni accusa di deviazione dagli obiettivi leninisti che Trotsky avanzava al Partito, veniva interpretata come un'offesa e un'avversione al Partito stesso. Quando l'Opposizione metteva in evidenza la sempre crescente influenza dei contadini ricchi (kulaki) nelle questioni politiche, il gruppo di Stalin l'accusava di essere nemica dei contadini. L'Opposizione denunciava soprattutto il continuo accumulo di capitale privato, seguito alla NEP (Novaja Ekonomiceskaja Politika) istituita da Lenin che però doveva avere solo un carattere temporaneo, per risollevare l'economia e la spinta all'industralizzazione del periodo post-rivoluzionario, ma protratta da Stalin fino al punto da creare una nuova classe piccolo-borghese che avrebbe dominato anche politicamente al posto delle classi lavoratrici. La Pravda (fondata da Trotsky ma ormai controllata da Stalin) negava perfino l'appoggio al regime stalinista di tutti i mezzi d'informazione dei paesi capitalisti, capovolgendo la realtà  ed affermando il contrario, che cioè i paesi capitalisti avrebbero appoggiato Trotsky e che lui era un loro infiltrato. Ogni critica al Partito veniva liquidata con l'accusa di "frazionismo" e di voler creare divisioni e zizzanie interne. Leggiamo le parole di Trotsky al capitolo "I metodi di direzione", lettera scritta il 2 giugno 1928 dall'esilio di Alma Ata:

"D'altra parte, sotto la dittatura proletaria, nella quale, come già si è detto, un potere di un'ampiezza senza precedenti è concentrato tra le mani della direzione, ossia la fascia superiore, la violazione di questo spirito di democrazia diventa un male molto serio e pesante. Lenin ci ha messi in guardia contro il fatto che il nostro Stato operaio era stato infettato da deformazioni burocratiche. Il pericolo che il Partito ne sia infestato ha ossessionato le sue riflessioni fino all'ultimo periodo della sua vita. Aveva l'abitudine di parlare spesso del tipo di relazioni che la direzione avrebbe dovuto avere con i sindacati in generale (ingranaggi, cinghie di trasmissione). Ci basterà ricordare le sue proteste indignate contro certe manifestazioni di violenza ( i pugni, ecc...) e contro gli errori individuali che, considerati superficialmente, sono insignificanti...E' esattamente così che bisogna capire la sua calorosa difesa della cultura, la lotta contro la morale asiatica, e infine le intenzioni che aveva nel creare la commissione centrale di controllo."

E continua citando le parole del compagno Rakovskij:

"Quando era vivo Lenin - prosegue il compagno Rakovskij - l'apparato del Partito non aveva un decimo del potere di cui dispone oggi (la sua crescita è stata enorme) e perciò tutto quello che Lenin temeva così tanto  è diventato decine di volte più pericoloso. L'apparato del Partito è stato contaminato dalle deformazioni burocratiche dell'apparato dello stato e da tutte le deformazioni generate dalla falsa democrazia parlamentare borghese. Ne risulta una direzione che, al posto della democrazia cosciente del Partito, dà luogo a:

1) Una falsificazione della teoria leninista di cui si servono per consolidare la burocrazia del Partito.

2) Un abuso di potere che, nei confronti dei comunisti e degli operai, nelle condizioni della dittatura del proletariato, non può che assumere proporzioni mostruose.

3) La falsificazione di tutta la meccanica elettorale.

4) L'uso nella discussione di metodi di cui il potere borghese e capitalista si glorifica forse, ma non un partito proletario (fischi, lanci d'oggetti vari dalla tribuna, gruppi di gradassi che disturbano le riunioni).

5) L'assenza di spirito di squadra, dui amicizia nei rapporti, ecc..."

Per convincerci ancor di più che anche il testamento di Lenin possa essere  realmente stato falsificato, nel senso di una mitigazione delle critiche a Stalin, basta concentrarsi su quella che era la prassi abituale della propaganda stalinista, come nel caso della lettera di Lenin indirizzata a Trotsky del 5 marzo 1923 circa la questione georgiana:

"Rigorosamente segreto.
Caro compagno Trotsky, vi chiedo insistentemente di assumere la difesa della questione georgiana al Comitato Centrale del Partito. Tale questione è ora sotto inquisizione di Stalin e di Dzerzinskij e non posso fidarmi della loro imparzialità. In realtà è tutto il contrario. Se voi accettaste  di assumervene la difesa, potrei essere tranquillo. Se per qualche motivo non accettate, restituitemi tutto l'incartamento. Considererò ciò un segno del vostro rifiuto.
Con i miei migliori saluti da compagno".

La sobrietà di Lenin nei rapporti personali era risaputa, perciò il fatto che abbia concluso la lettera "con i miei migliori saluti da compagno" fu un segno di grande stima verso Trotsky e Stalin, a quanto pare, se ne risentì, al punto che quando al Plenum del luglio 1926 fu costretto a leggere pubblicamente lo scritto, sostituì le parole finali con un semplice e freddo "saluti comunisti".

L'elemento biografico era una delle armi mediatiche usate da Stalin, che adottava la tattica dell'amplificazione di ogni errore o deviazione giovanile dalle idee successive, nonchè delle divergenze che Trotsky aveva nei confonti di Lenin, sebbene queste non fossero fondamentali. Il tasto più frequentemente battuto era l'iniziale avversità verso i bolscevichi che Trotsky nutrì quando era quasi ancora adolescente e alla quale pose fine all'età di 23 anni; l'accusa verso di lui consisteva nel fatto che inizialmente appoggiasse le idee dei menscevichi, che affermavano la necessità di una rivoluzione borghese ed erano guidati da Julius Martov. Trotsky dichiara al Plenum del Comitato esecutivo del Komintern del 9 dicembre 1926:

 "Parlando in generale, non penso che il metodo biografico possa condurci ad una decisione a proposito di questioni di principio. E' indubbio che ho commesso errori su molti problemi, specialmente durante la mia battaglia contro il bolscevismo. Da ciò, comunque, difficilmente ne deriva che problemi politici debbano essere esaminati non secondo il loro contenuto intrinseco, ma sulla base della biografia. Diversamente dovremmeo chiedere un'elaborazione delle biografie di tutti i delegati. Personalmente potrei affidarmi ad un grande precedente inconfutabile. In Germania visse e lottò un uomo chiamato Franz Mehring, il quale, solo dopo una lunga ed energica lotta contro la socialdemocrazia (fino a qualche anno fa ci chiamavamo tutti socialdemocratici), solo dopo la piena maturità, si unì al Partito Socialdemocratico. Mehring scrisse la storia del Partito Socialdemocratico Tedesco dapprima come nemico, non come lacchè del capitalismo, ma come intellettualmente avverso ad esso, ed in seguito la riscrisse come suo sincero amico in quella splendida opera sulla socialdemocrazia tedesca. D'altro canto Kautsky e Bernstein non hanno mai combattuto apertamente contro Marx ed entrambi erano sottomessi all'autorità di Friedrich Engels. Bernstein inoltre è famoso come l'esecutore letterario di Engels. Ciononostante, Franz Merhing morì e fu sepolto come marxista, come comunista, mentre gli altri due Kutsky e Bernstein vivono ancora la vita di indegni riformisti. Ovviamente l'elemento biografico è importante ma di per sè non decide nulla".

Foto: esempi di falsificazione stalinista in cui la figura di Trotsky è rimossa dalle foto ufficiali.

CONCLUSIONE

La disumanizzazione attuata dal sistema capitalistico non include solo coloro che grazie a questo sistema si arricchiscono, ma in egual misura coinvolge coloro che ne sono vittime, che vivono nella precarietà e nel bisogno, elementi che per sè stessi determinano un'esistenza del tutto priva di valori e di moralità, ed è proprio la condizione brutale in cui vegeta la coscienza delle grandi masse ad essere d'ostacolo alla realizzazione del socialismo, oggi come ieri. Il capitalismo non è soltanto un sistema economico e sociale, ma soprattutto un'istituzione culturale basata sul consumismo, sullo spreco, sullo sfruttamento umano ed ambientale, sulla volontà di prevaricazione...E' la glorificazione della mercificazione, dell'individuo piccolo, meschino, verso una spinta fondamentalmente distruttiva: dove tutto è merce e mercificabile, non esiste nulla che abbia un valore in sè, tanto meno l'uomo. Non esistono classi sociali sulle quali poter confidare per uscire da questo circolo vizioso, ma solo individui isolati, che tutt'al più possono fare quello che hanno sempre fatto: formare delle elite intellettuali in grado di trascinare le masse brutali e inconsapevoli. E poi? La tesi marxista promuove la classe operaia come la più idonea alla costruzione del socialismo, perchè immune da interessi personali come potrebbero essere quelli del contadino legato al suo appezzamento di terra. Ma sentiamo le stesse parole di Trotsky:

"Quelli che criticano la tattica dell'Opposizione per il suo carattere lineare, ragionano come se l'Opposizione determinasse liberamente la sua tattica e non considerano la pressione frenetica di una massa di nemici, l'onnipotenza dell'apparato, i mutamenti politici della direzione, LA RELATIVA PASSIVITA' DELLE MASSE OPERAIE".

L'ultima frase delinea perfettamente la situazione in cui si trovavano gli ideologi della rivoluzione russa di fronte alle masse che avrebbero voluto coinvolgere politicamente. Solo dopo aver toccato il fondo, solo dopo aver raggiunto gli estremi limiti dell'abiezione, con la banalizzazione di tutto, con il trionfo della mediocrità, con il collasso dell'ambiente, con  la necessità impellente ed improcrastinabile di creare nuovi assetti per la sopravvivenza stessa del genere umano si potrà sperare in un cambiamento che, poco a poco, nei secoli, muterà la coscienza collettiva nel senso della riscoperta dei valori fondamentali. Un individuo può raggiungere il livello di una coscienza superiore, può essere un "uomo nuovo", ma la massa è un animale con milioni di teste, che segue i suoi appetiti più immediati e nulla più. Il comunismo non si costruirà per volontà, ma per necessità, in un tempo lunghissimo e nessuno di noi potrà assistere alla sua evoluzione che, come ultimo traguardo, vedrà la scomparsa dell'apparato statale, di ogni gerarchia sociale e, soprattutto, di quell'elemento virtuale chiamato "denaro": il perno dell'alienazione capitalistica. Ma la chiave di tutti questi buoni propositi è una sola e non può essere diversamente: NECESSITA'.

Alessia Birri, 25 giugno 2014


AFORISMI "DI" E "SU" TROTSKY, LENIN E MARX:

"La burocrazia sovietica si è posta al di sopra di una classe che usciva appena dalla miseria e dalle tenebre e non aveva tradizioni di comando e di egemonia". Lev Trotsky

"La rivoluzione socialista comincia su basi nazionali, ma non può restare circoscritta entro questi confini". Lev Trotsky

"Uno deve prendere la vita così come è. È necessario trovare nella realtà medesima la forza per sconfiggere le sue caratteristiche reazionarie e barbariche. Questo è ciò che il marxismo ci insegna". Lev Trotsky

"Chi crede sulla parola è un'inguaribile idiota". Vladimir Ilich Lenin

"La fiducia è bene, il controllo è meglio". Vladimir Ilich Lenin

"Non urlate tanto sul cinismo! Il cinismo non sta nelle parole che descrivono la realtà ma nella realtà stessa". Vladimir Ilich Lenin

"Finché ci sarà uno stato non ci sarà libertà. Quando ci sarà libertà non ci sarà uno stato". Vladimir Ilich Lenin

"La democrazia è uno stato che legittima la sottomissione della minoranza alla maggioranza, ed è paragonabile ad un'organizzazione istituita per l'uso sistematico della forza di una classe contro l'altra, di una parte della popolazione contro l'altra". Vladimir Ilich Lenin

"D'un tratto la guerra ci rivela che procediamo ancora a quattro zampe e che non siamo ancora usciti dal grembo dell'era barbarica della nostra storia". Lev Trotsky

"Mi ha fatto molto piacere leggere nell'autobiografia di Trockij che un uomo così ardentemente e pertinacemente occupato a rivoluzionare il mondo, aveva la nostalgia dei suoi libri: con gente con tali sentimenti non c'è mai da disperare… Mentre la peggiore diffidenza deve colpire coloro che si fanno una biblioteca per esigenza di parata, sono privi dell'intimo bisogno della meditazione, della lettura, della contemplazione di un libro". Arrigo Cajumi

"In questi libri radicali, scritti con uno stile molto nobile ed elevato, Trotsky trovò un canale comune per molte delle corrente prevalenti nella sua natura. Senza offendere il suo duro senso della realtà, gli offrivano un ideale. Gli offrivano il mondo come campo per quell'istinto vero, il "mettere le cose a posto", che era così forte in lui. C'è un'incredibile serietà nelle persone che considerano la religione triviale. E questi libri mostrarono a Trotsky come avrebbe potuto vivere la vita seriamente con uno scopo che fosse più grande di lui, della sua sopravvivenza quotidiana e del suo vestire bene. Gli mostrarono la gloria dell'avventura e del progresso umano. E gli diedero un sostegno in quei sentimenti particolarmente forti di simpatia sociale e rivolta che aveva portato con sé dall'infanzia". Max Eastman

“La vita non è una cosa facile... Non puoi viverla senza cadere nella frustrazione e nel cinismo a meno che non tu non abbia davanti a te una grande idea che ti sollevi al di sopra delle tue miserie personali, sopra la debolezza, sopra tutti i tipi di perfidia e di degrado.” Lev Trotsky

"Il fine può giustificare i mezzi purchè ci sia qualcosa che giustifichi il fine". Lev Trotsky

"Gli uomini fanno la propria storia, ma non la fanno in modo arbitrario, in circostanze scelte da loro stessi, bensì nelle circostanze che trovano immediatamente davanti a sé, determinate dai fatti e dalle tradizioni". Karl Marx

 "La burocratizzazione ha mutato le classi politiche in classi sociali, in modo che, come i cristiani sono eguali in cielo e ineguali in terra, così i singoli membri del popolo sono eguali nel cielo del loro mondo politico e ineguali nell'esistenza terrestre della società". Karl Marx

"I filosofi non spuntano dal terreno come i funghi. Essi sono il prodotto del loro tempo". Karl Marx

"La coscienza non può mai essere qualcosa di diverso dall'essere cosciente". Karl Marx

"L'alienazione religiosa come tale si produce soltanto nel dominio della coscienza, dall'interno dell'uomo, ma l'alienazione economica è l'alienazione della vita reale: la sua soppressione abbraccia quindi ambo i lati". Karl Marx

ARTICOLI E SITI CORRELATI:

Biografia di Trotsky:
http://www.trotsky.it/biografia.html

Termidoro e antisemitismo:
http://www.trotsky.it/Opere/termidoro.html

Il sito di Leon Trotsky:
http://www.trotsky.it/

Lenin "Sulla questione della nazionalità e della autonomizzazione":
http://www.marxists.org/italiano/lenin/1922/12/georgia.htm

Testamento di Lenin:
http://www.marxists.org/italiano/lenin/1922/12/testamento.htm

Testamento segreto di Lenin:
http://www.duepassinelmistero.com/Lenin.htm

Stalin ereditò il potere con l'inganno:
http://www.silviaronchey.com/articolo/6/101/Stalin-eredit-il-potere-con-linganno/

Gli ortodossi vogliono fare santo Stalin:
http://www.ilgiornale.it/news/ora-ortodossi-russi-vogliono-fare-santo-stalin.html

Stalin in seminario apprendista tiranno:
http://archiviostorico.corriere.it/2010/febbraio/23/Stalin_seminario_apprendista_tiranno_co_9_100223138.shtml

Stalin informatore zarista:
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1988/06/17/un-giornale-sovietico-accusa-stalin-informatore-zarista.html

Sessant'anni fa la morte di Stalin interruppe l'olocausto:
http://www.ilgiornale.it/news/cultura/sessant-anni-fa-morte-stalin-interruppe-l-olocausto-874416.html

Psicopatologia del capitalismo:
http://www.mauroscardovelli.com/EPC/Economia,_politica_e_cultura/Psicopatia_e_successo.html

Testamento di Lenin-Gazzetta del Mezzogiorno:
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/GdM_traduci_notizia.php?IDNotizia=338916&IDCategotia=

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